Giurisdizione e legge applicabile in materia di responsabilità precontrattuale

Introduzione

La principale difficoltà nella disciplina internazionalprivatistica della responsabilità precontrattuale consiste nella sua qualificazione. Infatti, in taluni ordinamenti (ad es. quello tedesco e quello austriaco) essa confluisce nella responsabilità contrattuale, in altri (ad es. quello francese) è riconducibile alla responsabilità extracontrattuale. Tali diverse qualificazioni si ripercuotono nell’ambito del diritto internazionale privato e processuale, anche dell’Unione europea, che distingue fin dalla Convenzione di Bruxelles del 1968 la determinazione della giurisdizione in materia contrattuale, da un lato, ed extracontrattuale, dall’altro. La Corte di giustizia è quindi intervenuta a seguito di rinvio pregiudiziale di interpretazione dell’allora art. 5, n. 3, del Regolamento (CE) n. 44/2001 e della Convenzione di Bruxelles del 1968, che stabiliva un titolo di giurisdizione alternativo per gli illeciti civili dolosi o colposi.

Nella sentenza Tacconi la Corte di giustizia ha affermato che l’azione con la quale si fa valere la responsabilità precontrattuale del convenuto per violazione dell’obbligo di comportarsi secondo buona fede nell’ambito delle trattative dirette alla conclusione di un contratto rientra nell’ambito della responsabilità extracontrattuale di cui all’art. 5, n. 3, della Convenzione di Bruxelles del 1968, corrispondente all’attuale art. 7, n. 2, del regolamento Bruxelles I-bis (sentenza 17 settembre 2002, causa C-334/00, Tacconi, punto 27). Secondo la Corte, rispetto a tali casi non si applica la disposizione sul foro contrattuale, perché quest’ultima non può ricomprendere fattispecie nelle quali si faccia valere un obbligo che non sia stato liberamente assunto da una parte nei confronti di un’altra (sentenza 17 giugno 1992, causa C-26/91, Handte, punto 15), quale è l’obbligo di comportarsi secondo buona fede durante le trattative di un contratto (sentenza Tacconi, punti 25-26). La disposizione sul foro dell’illecito può invece trovare applicazione, in quanto nella stessa rientra qualsiasi domanda che miri a coinvolgere la responsabilità del convenuto e che non rientri nella materia contrattuale (sentenza 27 settembre 1988, causa 189/87, Kalfelis, punto 18; sentenza 27 ottobre 1998, causa C-51/97, Réunion européenne, punto 22; sentenza Tacconi, punto 21).

Questa impostazione ha trovato conferma nella giurisprudenza successiva della Corte. Nella sentenza Kolassa (sentenza 28 gennaio 2015, causa C-375/13, Kolassa), la Corte di giustizia ha ritenuto applicabile la disposizione sul foro dell’illecito all’azione con la quale un investitore, titolare di un’obbligazione al portatore acquistata da un intermediario, chiedeva la condanna della banca emittente al risarcimento del danno per violazione degli obblighi di informazione precontrattuale (invocando la c.d. responsabilità da prospetto). Secondo la Corte, infatti, nel caso di specie non poteva trovare applicazione la disposizione sul foro contrattuale poiché gli obblighi di informazione in capo alla banca non erano stati liberamente assunti dalla stessa, ma derivavano dalla legge (sentenza Kolassa, punti 40, 41, 57).

Si registra, peraltro, un isolato obiter dictum di segno contrario. Nella sentenza Ilsinger la Corte di giustizia ha precisato che l’azione con la quale un consumatore chiede la condanna di una società di vendita per corrispondenza al pagamento di un premio dallo stesso apparentemente vinto, deve essere qualificata come precontrattuale se la società non si è impegnata contrattualmente a consegnare il premio (sentenza 14 maggio 2009, causa C-180/06, Ilsinger, punti 55-57). La Corte ha quindi escluso che, in una simile eventualità, possa essere applicata la disposizione sul foro del consumatore, poiché questa presuppone la conclusione di un contratto tra le parti. La Corte ha poi incidentalmente affermato che potrebbe trovare applicazione la norma sul foro contrattuale, la quale ha una portata più ampia, presupponendo unicamente la sussistenza di una obbligazione in capo a una parte (sentenza Ilsinger, punto 57).

Le fonti attuali

A seguito della prima giurisprudenza della Corte di giustizia, nell’Unione europea è stata fornita una chiara indicazione circa la natura della culpa in contrahendo: essa è stata fatta rientrare nel campo di applicazione ratione materiae del regolamento (CE) n. 864/2007 sulla legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali (di seguito, anche Regolamento Roma II), in particolare dedicandovi il considerando 30 e l’articolo 12; ed è espressamente esclusa dall’ambito di applicazione del contiguo regolamento (CE) n. 593/2008 (di seguito, anche Regolamento Roma I) sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (considerando 10 e art. 1, par. 2, lett. i)). Il considerando 30 del Regolamento Roma II precisa che la nozione di culpa in contrahendo è da intendersi come autonoma e “non dovrebbe necessariamente essere interpretata ai sensi del diritto interno” dei diversi Stati membri; che la nozione dovrebbe comprendere anche “la violazione dell’onere di informare e l’interruzione delle trattative contrattuali”; e che le obbligazioni extracontrattuali coperte dall’articolo 12 dovrebbero essere solo quelle aventi un collegamento diretto con le trattative precontrattuali.

La legge applicabile alla responsabilità precontrattuale

In primo luogo, le parti possono raggiungere un accordo sull’applicabilità di una data legge (art. 14 del Regolamento Roma II). È sufficiente che la scelta di legge sia successiva al verificarsi del fatto. Solo qualora tutte le parti interessate esercitino un’attività commerciale – come spesso accade quando sorgano controversie riconducibili alla responsabilità precontrattuale ­– l’accordo può essere liberamente negoziato anche prima. Poiché può essere scelta come applicabile qualsiasi legge, anche di uno Stato terzo, si pone l’unico limite del rispetto delle norme inderogabili o dello Stato membro nel quale sono collocati tutti gli elementi pertinenti della fattispecie, o del diritto dell’Unione europea, qualora tali elementi siano collocati in uno o più Stati membri e la scelta sia riferita alla legge di un Paese terzo.

In secondo luogo, in mancanza di scelta, l’art. 12, par. 1 individua la legge applicabile alla culpa in contrahendo in quella che “si applica al contratto o che sarebbe stata applicabile al contratto se lo stesso fosse stato concluso”, a prescindere dall’effettiva conclusione del contratto stesso. Nonostante la qualificazione come responsabilità extracontrattuale, la disciplina è sostanzialmente rimessa per rinvio al Regolamento Roma I.

Qualora la legge applicabile non possa essere individuata ai sensi del par. 1, l’art. 12, par. 2 prevede una serie di collegamenti alternativi, ovvero:

  • la legge del paese in cui il danno si verifica, a prescindere dai luoghi in cui si sono verificati il fatto generatore del danno e le conseguenze indirette del fatto, in assonanza con la norma generale del Regolamento Roma II (art. 4); oppure,
    • la legge della residenza abituale comune delle parti, se esistente, al momento in cui si verifica il danno; oppure
    • la legge di un paese diverso con il quale l’obbligazione extracontrattuale presenti collegamenti manifestamente più stretti.

La determinazione della giurisdizione

La competenza giurisdizionale rispetto alle azioni in materia di responsabilità precontrattuale è disciplinata dal regolamento (UE) n. 1215/2012 sulla competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (c.d. Bruxelles I bis). In particolare, le azioni, alla luce della giurisprudenza sopra riportata, possono essere instaurate oltre che davanti al giudice dello Stato membro in cui il convenuto è domiciliato (art. 4), anche dinanzi al foro dell’illecito, e dunque davanti all’autorità giurisdizionale del luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto o può avvenire (art. 7, n. 2). Come noto tale espressione secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia ricomprende sia il luogo in cui è avvenuto il fatto generatore del danno sia il luogo in cui il danno si è concretizzato (sentenza 30 settembre 1976, causa 21/76, Bier, punto 24). Con specifico riferimento al danno da responsabilità precontrattuale per violazione degli obblighi informativi da parte di una banca, la Corte, nella già citata sentenza Kolassa, ha affermato che il fatto generatore si colloca nel luogo in cui sono state assunte le decisioni riguardanti le modalità degli investimenti e il contenuto dei relativi prospetti informativi, ovvero dove tali prospetti sono stati redatti e distribuiti, mentre il luogo di concretizzazione del danno si trova laddove l’investitore ha subìto la perdita economica, vale a dire presso la banca in cui si trova il suo conto corrente.

Ilaria Aquironi, Curzio Fossati

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