La circolazione dei documenti pubblici nell’UE

Il 16 febbraio 2019 è divenuto applicabile il regolamento (UE) 2016/1191 del 6 luglio 2016 sulla libera circolazione di alcuni documenti pubblici nell’Unione europea. Al fine di assicurare la libera circolazione dei documenti pubblici nell’Unione e, in tal modo, promuovere la libera circolazione dei cittadini europei, tale regolamento si propone di semplificare la procedura per la presentazione di documenti pubblici e delle relative copie autentiche rilasciati da un’autorità di uno Stato membro ai fini della presentazione in un altro Stato membro.
Come indicato nell’art. 1, il regolamento ha lo scopo di attivare un sistema di esenzione dalla legalizzazione e formalità analoghe, nonché di semplificare le altre procedure richieste, in particolare la traduzione dei documenti: per questo, istituisce una serie di modelli standard multilingue da allegare ai documenti pubblici originali che verranno rilasciati senza alcuna legalizzazione.
Il regolamento non sostituisce altri strumenti o altri sistemi di esenzione della legalizzazione, né convenzioni internazionali già utilizzate e diffuse, ma deve essere considerato uno strumento separato e autonomo rispetto alle diverse modalità esistenti. Le convenzioni internazionali attualmente vigenti, quali la Convenzione dell’Aja del 1961 relativa all’abolizione della legalizzazione, la Convenzione di Vienna del 1976 sul rilascio di estratti plurilingue di stato civile e la Convenzione di Monaco del 1980 sul rilascio di un certificato plurilingue di capacità matrimoniale, restano pienamente applicabili tra gli Stati aderenti e il regolamento si pone come strumento obbligatorio per tutti gli Stati, anche quelli che non avevano aderito alle convenzioni. Ricordiamo che alcune delle convenzioni sopra indicate non hanno ottenuto un’adesione tanto vasta da poterle trasformare in un reale e concreto strumento che favorisca la circolazione dei documenti. Laddove questo è avvenuto, come per la Convenzione dell’Aja del 1961 (alla quale hanno aderito più di un centinaio di Stati), l’eliminazione della legalizzazione non ha fatto venir meno tutte le formalità. Infatti, la legalizzazione è stata sostituita con l’apposizione della apostille a cura dell’autorità competente. Inoltre, in base a tale convenzione è altresì necessaria la traduzione del documento. Uno strumento volto a prevedere una procedura più semplice e più agevole per il cittadino era pertanto auspicabile. Altre convenzioni più fruibili e immediate, come la Convenzione di Vienna del 1976 e la Convenzione di Monaco del 1980, sopra richiamate, che esentavano da legalizzazione e traduzione, realmente di semplice applicazione, non hanno avuto quel livello di adesione da parte degli Stati che sarebbe stato auspicabile e, dunque, non sono state in grado di soddisfare il bisogno di strumenti più semplici per la circolazione dei documenti. Al contrario, il regolamento UE 2016/1191, si pone come obiettivo proprio la semplificazione procedurale, sia evitando al cittadino l’onere della legalizzazione del documento originale, sia semplificando le formalità relative alla traduzione che, secondo quanto prevede l’art. 6 del regolamento, non è più richiesta quando il documento è redatto nella lingua dello Stato membro dove viene presentato, oppure è corredato di un modulo standard multilingue, purché l’autorità alla quale viene presentato il modulo multilingue ritenga che le informazioni in esso contenute siano sufficienti per trattare il documento pubblico come richiesto, così da consentire la circolazione e l’accettazione del documento tra tutti gli Stati UE. Resta comunque la possibilità, seppure eccezionale, che l’autorità alla quale il documento viene presentato, possa esigere una traduzione o una translitterazione del contenuto del modulo standard multilingue (come indicato nel “considerando 25”).

Ambito di applicazione

Il regolamento si applica ai documenti pubblici rilasciati dalle autorità di uno Stato membro conformemente alla sua legislazione nazionale e il cui obiettivo principale è accertare uno dei seguenti fatti: nascita, esistenza in vita, decesso, nome, matrimonio, capacità di contrarre matrimonio, stato civile, divorzio, separazione personale o annullamento del matrimonio, unione registrata, capacità di sottoscrivere un’unione registrata, stato di unione registrata, scioglimento di un’unione registrata, separazione personale o annullamento di un’unione registrata, filiazione, adozione, domicilio e/o residenza, o cittadinanza.
Il regolamento si applica ai “documenti pubblici” che l’art. 2 individua come: a) i documenti emanati da un’autorità o da un funzionario appartenente ad una delle giurisdizioni di uno Stato membro, ivi compresi quelli emanati dal pubblico ministero, da un cancelliere o da un ufficiale giudiziario, b) i documenti amministrativi; c) gli atti notarili; d) le dichiarazioni ufficiali come le annotazioni di registrazioni, visti per la data certa e autenticazioni di firme, apposte su una scrittura privata; e) documenti redatti da agenti diplomatici o consolari di uno Stato membro che agiscono nell’esercizio delle loro funzioni nel territorio di qualsiasi Stato, ove tali documenti debbano essere presentati sul territorio di un altro Stato membro o agli agenti diplomatici o consolari di un altro Stato membro che agiscono nel territorio di un paese terzo. Si tratta sicuramente di una definizione che contiene una tipologia di documenti molto numerosa. Ne deriva che anche l’applicazione dovrebbe riferirsi a numerose attività che si svolgono nei diversi Stati e, quindi, la piena realizzazione del regolamento consentirebbe realmente di semplificare le procedure a carico dei cittadini, favorendo effettivamente la libera circolazione delle persone.
Non si applica invece a passaporti e carte di identità in quanto tali documenti non sono soggetti a legalizzazione od altre formalità quando vengono presentati in uno Stato membro. Non si applica neanche ai documenti pubblici rilasciati dalla autorità di uno Stato terzo o alle copie autentiche di tali documenti prodotti da uno Stato membro. Ad esempio, se venisse presentato in Germania un certificato di nascita rilasciato dalle competenti autorità del Brasile, il regolamento 2016/1191 non può essere utilizzato per presentare in Italia né quel certificato né la copia autenticata rilasciata dall’autorità tedesca che lo aveva ricevuto. Inoltre, il regolamento non pregiudica l’applicazione del diritto dell’Unione che contiene disposizioni sulla legalizzazione, su formalità analoghe o altre formalità, come il regolamento (CE) n. 2201/2003.

I moduli standard multilingue

Il regolamento contiene dei moduli standard multilingue che dovrebbero facilitare la traduzione dei documenti pubblici cui sono allegati: in sostanza, tali moduli multilingue non hanno valenza autonoma, ma solamente come traduzione dei corrispondenti documenti pubblici cui accedono, come previsto dall’art. 8, par. 1. E’ bene chiarire che la traduzione riguarda solamente quanto previsto dal modello multilingue allegato ed è una traduzione parziale, riferita agli aspetti essenziali del documento originale che potrebbe essere più vasto e contenere indicazioni più estese. Pertanto, tali moduli non possono circolare come documenti autonomi tra gli Stati membri, non hanno la stessa valenza o finalità di altri modelli plurilingue previsti da convenzioni internazionali (Convenzione di Vienna del 1976, Convenzione di Monaco del 1980), ma debbono sempre essere allegati ai documenti originali ai quali si applicano come traduzione degli stessi. I modelli multilingue ed i documenti originali ai quali sono allegati sono esenti da legalizzazione e, come detto, il modello multilingue vale come traduzione, anche se dei soli elementi essenziali, tenendo presente che la traduzione, in casi eccezionali, può essere richiesta ai sensi dell’art. 6, par. 1, lett. b. Nella pratica, il documento originale dovrà essere rilasciato dall’autorità competente come solitamente avviene, e sarà già esente da legalizzazione in forza del regolamento, ma a questo verrà allegato un modulo standard multilingue che contiene la traduzione degli elementi essenziali di quel documento, contenente firma, data e timbro dell’autorità che lo ha rilasciato.

L’applicazione pratica del regolamento

Qualsiasi autorità o pubblico ufficiale previsti dall’ordinamento interno può agire sia come soggetto che recepisce la documentazione, per utilizzarla nell’accertamento di taluni status del cittadino dell’Unione europea o del cittadino italiano che vive in uno Stato membro, sia come soggetto che rilascia il documento richiesto.
Nel primo caso, dovrà verificare che sia stato presentato un documento originale in lingua straniera di uno Stato dell’Unione europea, che sarà comunque esente da legalizzazione ed altre formalità analoghe, al quale ai fini della traduzione dovrà essere allegato un modello multilingue contenente la traduzione in italiano, contenente timbro, data e firma dell’autorità straniera che lo ha rilasciato. In mancanza di dubbi sulla falsità del documento o sulla correttezza della traduzione allegata, dovrà ricevere il documento e ritenere adeguatamente certificato quanto contenuto nel documento stesso. Ad esempio, se un cittadino finlandese avesse necessità di documentare il proprio matrimonio in Italia, ad esempio per finalità amministrative o giudiziarie, potrà presentare una certificazione rilasciata in lingua originale con allegato un modello multilingue in applicazione del regolamento, senza che siano necessarie ulteriori formalità. Allo stesso modo, se volesse contrarre matrimonio in Italia, pur non potendo ricorrere alla Convenzione di Monaco del 1980 relativa al rilascio di un certificato plurilingue di capacità matrimoniale, in quanto la Finlandia non ha mai aderito a tale Convenzione, potrebbe presentare un certificato di capacità matrimoniale con allegato il modello multilingue del regolamento, senza ulteriori formalità. Ciò permette all’ufficiale dello stato civile di verificare la sussistenza delle condizioni che consentono di procedere agli adempimenti di competenza, al fine della celebrazione del matrimonio richiesto.
Nel secondo caso – richiesta di certificazione da far valere all’estero in uno Stato eurounitario – sarà la nostra autorità o pubblico ufficiale che dovrà rilasciare un documento secondo la normativa del nostro ordinamento e a questo dovrà allegare un modello standard multilingue di traduzione previsto dal regolamento. Tale modello va compilato direttamente on-line sulla piattaforma del Portale europeo della giustizia elettronica, che nella sezione “moduli per documenti pubblici” prevede la compilazione online di tutti i moduli.

In pratica:

  1. si sceglie uno degli allegati, ad esempio ALLEGATO I – NASCITA, è un modulo pdf editabile;
  2. si seleziona la lingua dello Stato membro di rilascio e lo Stato di emissione, ad esempio Italia;
  3. si seleziona la lingua dello Stato ricevente, che può essere anche più di una, per il Paese scelto, ad esempio Francia;
  4. si scarica il pdf editabile, da compilare on-line, lo si stampa, timbra e firma.

In sostanza, si tratta di una procedura abbastanza semplice, anche se richiede una compilazione attenta.

In ogni caso, il cittadino che presenta un documento rilasciato in applicazione del regolamento non dovrebbe essere tenuto a fornire una traduzione di tale documento pubblico. Nello specifico, secondo quanto previsto dall’art. 6, nel caso in cui sia redatto nella lingua ufficiale dello Stato membro in cui il documento sia presentato oppure quando venga allegato il modello standard multilingue, la traduzione non è richiesta se l’autorità alla quale viene presentato il modulo multilingue ritiene che le informazioni in esso contenute siano sufficienti per trattare il documento pubblico come richiesto. Tuttavia, “L’autorità a cui è presentato un documento pubblico può eccezionalmente esigere, se necessario per il trattamento di tale documento pubblico, che la persona che presenta tale documento corredato di un modulo standard multilingue fornisca anche una traduzione o una traslitterazione del contenuto del modulo standard multilingue nella lingua ufficiale del suo Stato membro o, qualora lo Stato membro in questione abbia più lingue ufficiali, nella lingua ufficiale o in una delle lingue ufficiali del luogo in cui è presentato il documento pubblico, che sia anche una delle lingue ufficiali delle istituzioni dell’Unione” (considerando 25 e art. 6, par. 1, lett. b del regolamento stesso). In pratica, in casi eccezionali, viene lasciato ancora un margine di discrezionalità ai diversi Stati, nella valutazione della traduzione del documento che viene presentato, prevendendo la possibilità di ottenere una traduzione integrativa rispetto al modello multilingue allegato: sarà cura dell’autorità alla quale viene presentato il documento, corredato di modello multilingue, far presente che le informazioni in esso contenute non sono sufficienti per il trattamento richiesto e pretendere che venga effettuata una traduzione integrativa delle parti non tradotte dell’originale. Nella pratica, un’ipotesi di applicazione problematica del regolamento potrebbe aversi in presenza di documento corredato del modello multilingue prodotto ai fini della trascrizione nei registri di stato civile in Italia: l’incompletezza delle informazioni contenute nel modello multilingue, potrebbe indurre l’ufficiale dello stato civile a pretendere la traduzione integrale del documento originale, così da poter verificare la conformità alle disposizioni del nostro ordinamento (ad esempio, si pensi al riconoscimento di filiazione ed ai limiti previsti dal nostro ordinamento, o allo scambio del consenso nel caso di celebrazione del matrimonio, qualora tali elementi essenziali non fossero rilevabili dalla scarsità delle informazioni contenute nella traduzione del modello multilingue).

Il rispetto del diritto sostanziale degli Stati e la tutela contro il rischio di falsificazione

Lo scopo del regolamento non è modificare il diritto sostanziale degli Stati membri e non incide sul riconoscimento in uno Stato membro degli effetti giuridici relativi al contenuto di un documento pubblico rilasciato in un altro Stato membro. Questo significa che nello Stato ricevente l’atto ha il valore che tale ultimo Paese riconosce all’istituto che viene documentato applicando il regolamento UE 2016/1191. In sostanza, l’applicazione del regolamento non obbliga gli Stati a riconoscere gli effetti giuridici di quanto attestato nei documenti rilasciati in forza del regolamento stesso, come espressamente indicato nell’art. 2, par. 4 del regolamento. Uno status riconosciuto in un Paese e documentato attraverso i modelli previsti dal regolamento rilasciati dal quel Paese non deve essere obbligatoriamente riconosciuto in altro Paese se risulti in contrasto con l’ordine pubblico dello Stato ricevente. Ad esempio, se fosse presentata in Italia una certificazione rilasciata dalla competente autorità della Spagna, attestante il matrimonio tra due persone dello stesso sesso, delle quali una di cittadinanza italiana, tale certificazione non sarebbe riconosciuta in Italia come matrimonio, ma produrrebbe esclusivamente gli effetti dell’unione civile, come previsto dal nostro ordinamento (artt. 32-bis e 32-quinquies della legge 218/1995).

Il regolamento si preoccupa di fornire garanzie per prevenire la frode e la falsificazione dei documenti pubblici che circolano tra gli Stati. Al fine di garantire un elevato livello di sicurezza e protezione viene confermato che dovrebbe essere il Sistema di informazione del mercato interno («IMI»), istituito dal regolamento (UE) n. 1024/2012, a fornire tutte le garanzie in proposito ed offrire meccanismi sicuri di trasmissione elettronica di tali documenti. Qualora si abbia un ragionevole dubbio sull’autenticità di un documento pubblico o della sua copia autentica, le autorità di uno Stato membro a cui tali documenti sono presentati dovrebbero avere la possibilità di verificare i modelli dei documenti disponibili nel repertorio dell’IMI. Si noti che, ai sensi dell’art. 14, par. 2 del regolamento, il dubbio potrebbe riguardare: a) l’autenticità della firma; b) la capacità con cui ha agito il firmatario del documento; c) l’identità del bollo o del timbro; d) la falsificazione o manomissione del documento). Qualora il dubbio permanga, le autorità in questione potrebbero presentare, tramite l’IMI, richieste di informazioni alle autorità competenti dello Stato membro in cui tali documenti sono stati rilasciati, rivolgendo la richiesta direttamente all’autorità che ha rilasciato il documento pubblico o prodotto la copia autentica oppure rivolgendosi all’autorità centrale di tale Stato membro. Le autorità che ricevono la richiesta dovrebbero rispondere quanto prima possibile e in ogni caso entro un termine non superiore a cinque giorni lavorativi o a dieci giorni lavorativi qualora la richiesta sia trattata da un’autorità centrale. Il termine di dieci giorni può applicarsi, in particolare, nel caso in cui le autorità che ricevono la richiesta non siano ancora registrate nell’IMI.

Il Ministero dell’interno, al fine di fornire istruzioni agli operatori dei servizi demografici, cioè i pubblici ufficiali chiamati a rilasciare il maggior numero dei documenti pubblici previsti dal regolamento, aveva emanato la Circolare n. 2 del 14 febbraio 2019, con la quale, molto tempestivamente prima della data di piena applicazione del regolamento, aveva comunicato la disponibilità dei modelli standard multilingue sul portale, invitando i pubblici ufficiali ad utilizzarlo e a segnalare eventuali problematiche applicative.

La diffusione ancora limitata

Dopo oltre due anni di applicazione, non sembra che il regolamento abbia avuto quella diffusione che ci si poteva aspettare. Infatti, i casi di presentazione dell’originale con allegato il modello multilingue o della richiesta di rilascio per utilizzarlo all’estero non risultano essere molto numerosi. La maggiore criticità è data sicuramente dalla doppia documentazione – originale e modello contenente la traduzione, senza dimenticare che in casi eccezionali potrebbe essere richiesta documentazione integrativa – che non risulta così immediata come, ad esempio, previsto nei documenti rilasciati in forza di specifiche convenzioni (Convenzione di Vienna del 1976 e Convenzione di Monaco del 1980).
In relazione a tale aspetto, la scelta del legislatore europeo appare sicuramente poco convincente, in quanto rappresenta una evidente complicazione rispetto alla finalità della normativa che era quella di semplificare la circolazione dei documenti pubblici e, in definitiva, agevolare il movimento dei cittadini nell’Unione europea. Forse si sarebbe dovuta prendere come base la Convenzione di Vienna del 1976 ed i modelli plurilingue relativi all’estratto di nascita, matrimonio e morte, per prevedere dei modelli, anche più completi, ma con la stessa struttura costituita dalle informazioni da riportare nel documento e dalla traduzione già contenuta nel documento stesso, evitando legalizzazione e traduzione. Si potrebbe altresì ritenere che sarebbe stato sufficiente prevedere inizialmente un numero limitato di modelli, da aumentare gradualmente previo esame di apposita commissione, purché tali modelli fossero stati comprensivi di testo e traduzione come, appunto, quelli previsti dalla sopracitata Convenzione di Vienna: la presentazione in un unico documento sia del testo originale che della traduzione, avrebbe maggiormente semplificato il flusso dei documenti pubblici fra gli Stati membri e favorito la circolazione dei cittadini in maniera sicuramente più incisiva.

In sostanza, un regolamento che da poco ha iniziato ad applicarsi e che avrebbe dovuto portare consistenti vantaggi di semplificazione ai cittadini dell’Unione, facilitando lo scambio e la presentazione di documenti pubblici, senza oneri di legalizzazione e traduzione, ma che ancora non sembra funzionare come sarebbe auspicabile.

Ulteriori notizie sul regolamento (UE) n. 2016/1191 sono disponibili a questo indirizzo.

Renzo Calvigioni

Nota – Questo documento è soggetto all’avvertenza riprodotta qui.