ROMANIA – Crisi familiare

Nel 2021, sono stati celebrati in Italia 24.380 matrimoni con almeno uno sposo di cittadinanza straniera (Istat, Matrimonio, unioni civili, separazioni e divorzi | ANNO 2021, marzo 2023). La Romania è il Paese di provenienza del gruppo più numeroso di stranieri residenti in Italia sposatisi in Italia:  1.108 dei 4.508 matrimoni tra persone di cittadinanza diversa, quasi un quarto del totale, sono intervenuti fra cittadini romeni.

Questi dati contribuiscono a spiegare la frequenza con cui i giudici italiani e gli uffici dello stato civile italiani si occupano di situazioni familiari collegate alla Romania. Per quanto riguarda la crisi del matrimonio, ciò avviene, perlopiù, perché i coniugi o uno di loro sono romeni, o risiedono in Romania, o perché la prole risulta stabilita in Romania.

Questa scheda offre un quadro generale delle questioni suscitate dalla crisi del rapporto coniugale quando la situazione si presenti collegata per qualche aspetto alla Romania. Per ogni questione, segnala le norme di diritto internazionale privato di cui deve servirsi il giudice italiano per accertare la propria competenza giurisdizionale e per individuare il diritto applicabile: norme diverse a seconda della natura della questione di volta in volta in discussione, come la questione dello scioglimento del vincolo, quella della responsabilità genitoriale, quella relativa al mantenimento, etc.. Per il caso in cui risulti applicabile la legge romena, la scheda ripercorre le principali norme materiali romene pertinenti.

1. Separazione personale, divorzio e annullamento del matrimonio

Competenza giurisdizionale

La competenza giurisdizionale in materia di separazione e di divorzio si determina secondo il regolamento (UE) 2019/1111 relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, e alla sottrazione internazionale di minori (c.d. regolamento Bruxelles II ter). L’art. 3 del regolamento prevede che la competenza giurisdizionale spetti, senza particolare ordine gerarchico, indistintamente alle corti dello Stato membro in cui i coniugi risiedono abitualmente – comune o anche di un coniuge soltanto, per quanto a determinate condizioni – o di cui sono entrambi cittadini.

Le norme interne sulla competenza giurisdizionale (in Italia, nella specie, quelle dell’art. 32 della legge n. 218/1995) entrano in gioco, ai sensi dell’art. 6 del regolamento, solo nel caso in cui nessuno Stato membro dell’Unione europea sia munito di competenza giurisdizionale in base al regolamento stesso, sempre che ricorrano le ulteriori condizioni fissate dalla normativa europea.

Diritto applicabile

La legge applicabile alla separazione e al divorzio si individua da norme dell’Unione europea, conformemente al regolamento UE n. 1259/2010 che attua una cooperazione rafforzata nel settore della legge applicabile al divorzio e alla separazione personale (c.d. regolamento Roma III).

Il regolamento consente ai coniugi di scegliere la legge regolatrice della separazione o del divorzio, entro un numero chiuso dato essenzialmente dalla legge dei paesi di cittadinanza o di residenza abituale dei coniugi (comune o individuali, siano essi la legge di uno Stato membro o meno). La scelta non deve per forza precedere la domanda di scioglimento del matrimonio: per l’art. 5, par. 3, del regolamento, la scelta può anche essere compiuta unitamente alla domanda o intervenire nel corso del procedimento, se così ammette la legge del foro. Così è in Italia, dove oggi l’art. 31, comma 2, della legge. n. 218/1995, codificando una soluzione della giurisprudenza, prevede che la scelta possa essere effettuata “sino alla conclusione dell’udienza di prima comparizione delle parti”.

In difetto di scelta, la legge regolatrice va individuata secondo i criteri stabiliti dall’art. 8: si parte dal primo criterio (che conduce ad applicare la legge del Paese di residenza abituale comune della coppia al momento della domanda) e si passa al successivo solo se non sono riunite le condizioni per l’impiego del precedente (nel caso appena indicato, se i coniugi, al momento della domanda, avevano la loro rispettiva residenza abituale in Stati diversi).

Fra i criteri di collegamento impiegati dal regolamento Roma III vi è quello della cittadinanza di uno o entrambi i coniugi. Il regolamento, tuttavia, non dispone circa il modo in cui dev’essere inteso tale criterio allorché il coniuge o i coniugi di cui possiedano più di una cittadinanza. Il 22° considerando del regolamento si limita a indicare che la questione va risolta secondo le norme interne dello Stato membro del giudice, salvo il “pieno rispetto dei principi generali dell’Unione europea”, a cominciare dal principio che vieta, nel campo di applicazione del diritto dell’Unione, qualsiasi discriminazione fra cittadini dell’Unione (non, dunque, fra cittadini dell’Unione e cittadini di Stati terzi) fondata sulla nazionalità. In Italia interviene al riguardo l’art. 19, comma 2°, della legge n. 218/1995. Vi si prevede che, delle varie cittadinanze interessate si considera solo quella del Paese con cui ha “il collegamento più stretto”, cioè con cui intrattiene i rapporti personali, sociali, culturali ed economici più intensi. Questa soluzione, aggiunge l’art. 19, cessa di operare quando, fra le varie cittadinanze, ci sia quella italiana, giacché questa prevale. È proprio questa automatica preferenza per la legge italiana che si pone in contrasto con il divieto di discriminazione stabilito dal diritto dell’Unione europea: quel divieto verrebbe violato se, ai fini del regolamento, un coniuge che possieda la cittadinanza italiana e romena venisse considerato automaticamente italiano in forza della accennata regola di preferenza: non sarebbe invece discriminatorio considerarlo italiano all’esito di una verifica che permetta di affermare che l’Italia è lo Stato di appartenenza con cui ha il collegamento più stretto.

Nel diritto romeno…

In una situazione frequente come può essere quella della crisi della coppia residente in Italia, dove anche solo un coniuge è cittadino romeno, i coniugi ben potrebbero optare per assoggettare il divorzio al diritto romeno. Se il loro intento è quello di riottenere rapidamente lo stato libero militano del resto delle ragioni di convenienza a favore di tale soluzione. Per il Codul civil romeno, il divorzio, regolato dagli artt. 373 ss., non deve essere preceduto da una separazione personale, istituto del resto ignoto al diritto romeno.

Ai sensi dell’art. 373 del codice civile romeno, comunque, si può accedere al divorzio anche nei casi seguenti: quando i rapporti tra i coniugi siano deteriorati e la continuazione del matrimonio sia impossibile (lett. b); quando i coniugi siano separati di fatto di almeno due anni (lett. c); quando lo stato di salute di uno dei coniugi rende impossibile la continuazione del matrimonio (lett. d).

2. Responsabilità genitoriale

Competenza giurisdizionale

La circostanza che il giudice italiano sia competente a sciogliere il matrimonio o a dichiarare la separazione dei coniugi non implica che sussista in capo a quel giudice anche la competenza a statuire sulle domande relative all’affidamento della prole minore e, in generale, quelle riguardanti la responsabilità genitoriale.  

Vengono in gioco per questo delle specifiche disposizioni del regolamento Bruxelles II ter, citato sopra. L’art. 7 indica infatti che la competenza spetta al giudice dello Stato in cui il minore risiede abitualmente al momento in cui è adito. La regola valorizza un criterio geografico-relazionale perché si reputa che il giudice del luogo in cui il minore intrattiene principalmente i propri legami sociali sia il giudice più idoneo a considerare il contesto di vita del minore, e quindi a dettare con maggiore consapevolezza i provvedimenti che ordineranno il rapporto con i genitori. Esistono peraltro norme che calibrano  la competenza per accomodare particolari esigenze – ad es. l’art. 12 che consente il trasferimento della competenza ad altra corte “se ritiene che un’autorità giurisdizionale di un altro Stato membro con cui il minore ha un legame particolare sia più indicata a valutare l’interesse superiore del minore nel caso specifico”. La competenza, in realtà, a determinate condizioni può anche essere oggetto di una designazione da parte delle persone titolari della responsabilità genitoriale (art. 10).

Legge applicabile

La legge applicabile alla responsabilità genitoriale è determinata in Italia dalla convenzione dell’Aja del 19 ottobre 1996 sulla competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l’esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori, resa esecutiva in Italia con legge 18 giugno 2015, n. 101. La convenzione si applica per forza propria a tutte le fattispecie che ricadono nella sua sfera di applicazione materiale e temporale, quale risulta dagli articoli 1 a 4 e dall’art. 53. Non vi è dunque bisogno di passare a questo fine per l’art. 42 della legge n. 218/1995, che pure richiama, per come è interpretato dalla giurisprudenza, la convenzione del 1996.

Ai fini della presente scheda interessa solo la norma della convenzione che determina la legge che il giudice chiamato a pronunciarsi sulla responsabilità genitoriale deve prendere a parametro per statuire sulla domanda.  Si tratta dell’art. 15. Ai sensi dell’art. 15, par. 1, il giudice applica, per regola, la legge del foro (in altri termini, il giudice italiano applica la legge italiana). Solo eccezionalmente, ai sensi dell’art. 15, par. 2, il giudice può applicare la legge di uno Stato differente, con cui la fattispecie sia collegata, se essa può più efficacemente promuovere la protezione del minore o dei suoi beni. Può accadere, per esempio, che il minore di una famiglia romena da decenni stabilita in Italia disponga di averi in Romania: un immobile, ma anche solo dei risparmi presso un istituto di credito. L’eventuale crisi familiare, gestita dinanzi alle corti italiane, vedrebbe la responsabilità genitoriale regolata dalla legge italiana, in base all’art. 15, par. 1, della convenzione. Ove le circostanze indichino che l’applicazione della legge romena produrrebbe un vantaggio oggettivo per il minore, il giudice italiano potrà statuire sulla base del diritto romeno in base all’art. 15, par. 2, della convezione.

Nel diritto romeno…

La legge materiale romena in tema di responsabilità genitoriale, regolata agli artt. 396 ss. del Codul civil, detta soluzioni per molti versi affini a quelle italiane. L’ordinamento romeno presume che il superiore interesse del minore sia meglio tutelato quando la responsabilità genitoriale è condivisa tra i genitori, e solo l’emergere di circostanze che rendono inadatto il genitore ad esercitarla ne giustifica la perdita (art. 398) . In quest’ultimo caso, il genitore conserva comunque il diritto di vigilare sull’educazione del figlio minore e di esprimere il proprio consenso all’eventuale adozione.

In difetto di un’intesa dei genitori, anche nel caso in cui la responsabilità genitoriale rimanga condivisa, il giudice determina il genitore con il quale il minore vivrà permanentemente (art. 400).

La legge non prevede quindi espressamente che la casa familiare sia assegnata in uso al figlio e al genitore con cui il figlio prevalentemente convive. Se, tuttavia, il giudice autorizza il genitore collocatario a vivere nel domicilio originario del nucleo familiare, questi può ottenere dall’autorità l’evizione dell’altro genitore che non intende abbandonare il domicilio.

3. Obbligazioni alimentari

Degli strumenti dell’Unione europea di diritto internazionale privato uniforme fin qui evocati, questo è il primo che si propone di disciplinare tutte le questioni di cui si occupa il diritto internazionale privato: la competenza giurisdizionale, la legge applicabile e il riconoscimento delle sentenze e dei provvedimenti resi negli Stati membri. Per la verità il regolamento tratta il tema della legge applicabile a tali obbligazioni in modo singolare. Il suo art. 15, infatti, rinvia interamente ad un diverso strumento: il protocollo dell’Aja del 23 novembre 2007 relativo alla legge applicabile alle obbligazioni alimentari, in vigore per l’Unione europea (e come tale vincolante per tutti gli Stati membri dell’Unione in forza dell’art. 267 TFUE).

Competenza giurisdizionale

La regola generale sulla competenza giurisdizionale, fissata all’art. 3, detta una serie di titoli di giurisdizione tra loro alternativi: la competenza spetta ai giudici degli Stati membri (uno o più) in cui si perfeziona una qualsiasi delle circostanze indicate a questo effetto, fra cui la residenza abituale del creditore di alimenti. Si diceva poi che la competenza è anche connessa a quella fissata dal regolamento UE 2019/1111: infatti due dei quattro titoli di giurisdizione alternativi fissati dall’art. 3 del regolamento CE n. 4/2009, alle lettere c e d, si fondano proprio sulla competenza del giudice adito a statuire in materia di status familiare della persona (lett. c) o in materia di responsabilità genitoriale (lett. d): in poche parole, per il fatto che il giudice è competente a conoscere una domanda in materia di status (ad esempio, una domanda di divorzio) o di responsabilità genitoriale, quel giudice è anche competente a conoscere le domande in materia di obbligazioni alimentari intercorrenti tra le medesime persone.

Il giudice competente, poi, può anche essere oggetto di designazione per accordo delle parti legate dall’obbligazione alimentare, ai sensi dell’art. 4 del regolamento.

Legge applicabile

Il Protocollo del 2007 assoggetta in generale le ’obbligazioni alimentari alla legge del paese di residenza abituale del creditore. La regola è corredata da più eccezioni, tese a favorire la posizione del creditore. Esemplifica questa tensione l’art. 3, par. 3, del Protocollo, per cui “qualora il creditore abbia adito l’autorità […] dello Stato in cui il debitore ha la residenza abituale, si applica la legge del foro. Tuttavia, qualora in forza di tale legge il creditore non possa ottenere alimenti dal debitore, si applica la legge dello Stato di residenza abituale del creditore”.

Ai sensi dell’art. 8 del Protocollo, la legge applicabile all’obbligazione alimentare può poi essere oggetto di designazione per accordo delle parti, con più strette limitazioni per quanto concerne l’obbligazione alimentare dovuta al minore.

Nel diritto romeno…

In base all’art. 392 del Codul civil, l’obbligazione alimentare assume la forma di un’erogazione in denaro (vuoi mediante rendita, vuoi mediante versamento forfetario in unica soluzione) o concedendo in uso beni mobili o immobili del debitore. Non è previsto che l’obbligazione possa essere soddisfatta tramite trasferimenti patrimoniali di beni. Quando assume la forma di una rendita vitalizia, può essere quantificata in percentuale del reddito del debitore o in una determinata somma di denaro periodica.

Ai sensi dell’art. 389 del Codul civil, Il coniuge perde il diritto al mantenimento dopo il divorzio. Solo per inidoneità al lavoro dovuta a fatti che precedono il matrimonio o esistenti durante il rapporto, può essere riconosciuto il diritto ad un assegno alimentare.

La legge fissa un tetto massimo dell’obbligo alimentare dovuto al coniuge, pari al 25% del reddito del coniuge debitore. Gli obblighi alimentari rispetto al coniuge divorziato creditore e ai figli e al coniuge divorziato, pari a metà del reddito del debitore. L’obbligazione alimentare, peraltro, non può globalmente superare la metà del reddito del coniuge divorziato-genitore debitore.

4. Regimi patrimoniali

Con lo scioglimento del matrimonio può sorgere la necessità di liquidare, trasferire o destinare il patrimonio dei coniugi. Anche questo profilo della crisi del matrimonio è governato da norme di diritto internazionale privato specifiche, rinvenibili nel regolamento (UE) 2016/1103 che attua la cooperazione rafforzata nel settore della competenza, della legge applicabile, del riconoscimento e dell’esecuzione delle decisioni in materia di regimi patrimoniali tra coniugi. Come il regolamento (CE) n. 4/2009, anche questo regolamento affronta l’insieme delle questioni di diritto internazionale privato che possono presentarsi in quest’ambito: la questione della competenza giurisdizionale, quella della legge applicabile e quella della efficacia delle decisioni provenienti da uno Stato membro dell’Unione.

Competenza giurisdizionale

Per le controversie in tema di regimi patrimoniali connesse al divorzio e alla separazione personale sussiste, in generale, la competenza dei giudici dello Stato membro a cui spetta statuire, in forza del regolamento Bruxelles II ter,  sulla separazione personale o il divorzio (art. 5). Altri criteri, previsti dall’art. 6, valgono per il caso in cui non penda un giudizio di separazione e la domanda non sia connessa a una successione.

È ammessa la scelta del foro, alle condizioni e nei termini di cui all’art. 7.

Legge applicabile

Il regolamento (UE) 2016/1103 dispone che i coniugi possano accordarsi fra loro per scegliere la legge applicabile ai loro rapporti patrimoniali. Ai sensi dell’art. 22, la scelta può cadere sulla legge dei paesi in cui uno dei coniugi risiede abitualment o di cui è cittadino.

Il regolamento prescrive l’osservanza di regole minime sulla forma tanto dell’accordo di designazione della legge applicabile (art. 23), quanto per la conclusione di una convenzione matrimoniale retta, appunto, dalla legge appliabile  (art. 25). In ambo i casi, però, la validità formale delle due intese è subordinata all’osservanza degli eventuali requisiti di forma supplementari previsti dalla legge del paese di residenza abituale comune (o, se diversa, se soddisfa i requisiti della legge di almeno uno dei due Stati).

In mancanza di scelta, l’art. 26 stabilisce che il regime patrimoniale della coppia è regolato dalla legge del paese di prima residenza abituale comune dei coniugi dopo la conclusione del matrimonio o, in mancanza, dalla legge del paese di cittadinanza comune dei coniugi al momento della conclusione del matrimonio o, in mancanza, dalla legge del paese con cui i coniugi presentano assieme il collegamento più stretto al momento della conclusione del matrimonio, tenuto conto di tutte le circostanze.

  • Nel diritto romeno…

Il diritto romeno conosce due regimi patrimoniali di matrice legale, disciplinat agli artt. 312 ss del Codul civil: il regime di comunione legale (art. 339 ss.) – che è il regime ordinario, operante in assenza di una diversa convenzione della coppia – e quello della separazione legale. (artt. 360 ss.). La scelta della separazione legale si compie tramite una convenzione matrimoniale, stipulata per atto pubblico dinanzi ad un Notar public (art. 329). Stipulando una convenzione matrimoniale, tuttavia, la coppia può anche mantenere il regime della comunione legale e convenire soluzioni diverse per particolari beni. Con la convenzione matrimoniale, ad esempio, un coniuge può disporre che certi beni di cui era proprietario prima di contrarre matrimonio cadano nella comunione legale. Allo stesso modo, la coppia può definire dei criteri convenzionali per la divisione dei beni comuni secondo proporzioni diverse dalla ripartizione in pari quota in occasione dello scioglimento della comunione.

5. Mutamento del nome in seguito al divorzio

Lo scioglimento del matrimonio può incidere sul cognome dei coniugi, in particolare allorché l’uno o l’altro coniuge abbia acquisito, per effetto del matrimonio, il diritto ad usare il cognome dell’altro. La materia non forma l’oggetto di norme di diritto internazionale privato uniforme dell’Unione europea.

Competenza giurisdizionale

I titoli di giurisdizione operanti per le eventuali domande relative al cognome dei coniugi variano a seconda della natura della domanda considerata.

Rispetto alle domande che sollecitano un provvedimento di volontaria giurisdizione vale l’art. 9 della legge n. 218/1995, la giurisdizione italiana sussiste se la persona del cui nome si discute è cittadina italiana, o è residente in Italia, o se la questione del nome sia regolata dal diritto italiano. Sussiste in base ai pertinenti criteri di competenza per territorio del diritto processuale italiano, trasformati in titoli di giurisdizione dall’art. 9 (come accade all’art. 3, comma 2°, ult. periodo, della legge n. 218/1995).

Se il nome interessato dalla domanda giudiziale comporta l’esercizio della giurisdizione contenziosa, viene in gioco l’art. 3 della legge n. 218/1995. La giurisdizione sussiste innanzitutto se la persona interessata dal mutamento del nome sia la parte convenuta. In forza dell’art. 3, comma 2, della legge n. 218/1995, poi, giurisdizione sussiste anche “in base ai criteri stabiliti per la competenza per territorio”.

Nell’uno e nell’altro scenario, grazie al rinvio ai criteri di competenza per territorio, viene in gioco l’art. 31 del codice di procedura civile, per cui “[l]a domanda accessoria può essere proposta al giudice territorialmente competente per la domanda principale”. Poiché le determinazioni sul cognome maritale sono consequenziali al divorzio, il giudice italiano che abbia giurisdizione in ordine al divorzio ha dunque giurisdizione anche in ordine alla prima questione.

Legge applicabile

La legge applicabile al nome si determina secondo la Convenzione di Monaco del 5 settembre 1980 sulla legge applicabile ai cognomi e ai nomi, resa esecutiva con legge 19 novembre 1984, n. 950. L’art. 1 della convenzione affida la disciplina del nome alla legge dello Stato di cittadinanza della persona di cui trattasi.

Nell’applicare la norma di conflitto, occorre rammentare che in caso di cittadinanza plurima, ai sensi dell’art. 19 della legge n. 218/1995, occorre preferire quella del paese con cui la persona intrattiene il rapporto più stretto, e comunque accordando preferenza alla cittadinanza italiana: del resto, dalla relazione esplicativa alla Convenzione di Monaco emerge il disinteresse dei redattori a regolare questo profilo, di cui in effetti la Convenzione non tratta.

La convenzione di Monaco non esplicita la necessità di tenere conto delle norme di diritto internazionale privato dell’ordinamento della legge nazionale richiamata (c.d. “rinvio”). Occorre allora escludere l’operatività del rinvio, in base all’art. 13, comma 4°, della legge n. 218/1995, per cui “Quando[è] applicabile una convenzione internazionale si segue sempre, in materia di rinvio, la soluzione adottata dalla convenzione”. In base alla convenzione, dunque, si applicano le norme di diritto materiale dello Stato di cittadinanza della persona.

Nel diritto romeno…

L’art. 383 del Codul civil prevede che, al divorzio, la coppia può convenire di mantenere il nome portato in seguito al matrimonio. In mancanza di accordo, ciascun coniuge torna a portare il nome che aveva prima del matrimonio. Per giustificate ragioni legate all’interesse di un coniuge o dei figli, il coniuge può essere autorizzato dal giudice a mantenere il nome portato durante il matrimonio.

Bibliografia

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  • Baruffi, M.C., La Convenzione dell’Aja del 1996 sulla tutela dei minori nell’ordinamento italiano, in Rivista di diritto internazionale privato e processuale, 2016, p. 977-1019
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  • Feraci, O., L’incidenza del nuovo regime europeo in tema di rapporti patrimoniali tra coniugi e parti di unioni registrate sull’ordinamento giuridico italiano e le interazioni con le novità introdotte dal d. lgs. 7/2017 attuativo della cd. legge Cirinnà, in Osservatorio sulle fonti, 2017, p. 1-48.
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Sitografia

Joëlle Long

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