Il crescente impiego del criterio della residenza abituale quale titolo di giurisdizione o criterio di collegamento, a discapito dei criteri della cittadinanza e del domicilio, rappresenta uno dei tratti salienti degli strumenti elaborati dal legislatore dell’Unione europea nel quadro del diritto internazionale privato europeo della famiglia e degli status personali.
Non si discosta da questa tendenza il regolamento (UE) n. 650/2012, strumento teso fornire una disciplina internazionalprivatistica omnicomprensiva delle successioni mortis causa caratterizzate da elementi internazionalità. Nel quadro del regolamento n. 650/2012, la residenza abituale del de cuius è difatti utilizzata come criterio generale sia ai fini della determinazione della competenza giurisdizionale (art. 4) che dell’individuazione della legge applicabile (art. 21), di fatto agevolando il parallelismo tra forum e ius. Non vi è, tuttavia, né nel regolamento in materia successoria né negli strumenti di diritto internazionale privato della famiglia, una definizione del concetto di “residenza abituale”.
La determinazione della residenza abituale del de cuius…
L’individuazione della residenza abituale del de cuius, tuttavia, non risulta sempre agevole. Si tratta infatti di una nozione di fatto, che deve essere accertata caso per caso e interpretata autonomamente, avendo riguardo al contesto e all’obiettivo della disposizione considerata, senza che, ai fini della determinazione del senso e della portata, possa avere rilievo il diritto degli Stati membri. In quanto elemento fattuale, non dovrebbe essere rimessa in discussione in sede di legittimità, fatto salvo il caso in cui il giudice non abbia svolto i necessari accertamenti (Cass. (sez. I civ.), 14 dicembre 2017, n. 30123; Cass. (sez. I civ.), 22 luglio 2014 n. 16648).
La Corte di giustizia si è sin qui prevalentemente occupata della identificazione della residenza abituale del minore (si veda, al riguardo, questa scheda). Va tuttavia rilevato come, con riferimento ad un adulto ed in particolare nella materia successoria, la determinazione della residenza abituale può rilevarsi più difficoltosa.
Momento dell’accertamento
– La residenza abituale è un criterio mobile, suscettibile di variare nel tempo. Il Regolamento stesso precisa che il momento in cui essa deve essere accertata è quello della morte della persona della cui eredità si tratta (articoli 4 e 21 del Regolamento (UE) 650/2012);
Elementi per la determinazione
Nonostante l’assenza di una nozione di «residenza abituale del defunto al momento della morte» nel Regolamento n. 650/2012, alcune indicazioni utili sono contenute nei considerando 23, 24 e 25 (si veda anche l’indicazione in tal senso fornita dalla Corte di giustizia nella sentenza 16 luglio 2020, causa C-80/19, E.E., punto 37).
- Occorre svolgere una valutazione globale delle circostanze della vita del defunto al momento della morte e negli anni precedenti, nell’ambito della quale tutti gli elementi fattuali pertinenti dovranno essere presi in considerazione. Rilievo particolare avranno la durata, la regolarità, le condizioni e le ragioni del soggiorno del defunto nello Stato (considerando 23 del regolamento n. 650/2012);
- Così delineata, la residenza abituale dovrebbe esprimere “un collegamento stretto e stabile con lo Stato interessato” (considerando 23 del regolamento n. 650/2012).
- Il regolamento, tuttavia, consente all’operatore di applicare la legge di un diverso Stato “(s)e, in via eccezionale, dal complesso delle circostanze del caso concreto risulta chiaramente” che il defunto aveva un collegamento manifestamente più stretto con l’altro Stato (art. 21, par. 2). Il considerando 25 precisa difatti che il collegamento rappresentato dalla residenza abituale del defunto può essere accantonato, in favore di un criterio che esprima un collegamento manifestamente più stretto con un altro Stato, allorché il defunto avesse trasferito la propria residenza abituale in un momento prossimo alla morte , nonché “tutte le circostanze del caso indichino che aveva collegamenti manifestamente più stretti con [tale] altro Stato”. Il ricorso a criteri sussidiari, tuttavia, non dovrebbe essere impiegato secondo il legislatore dell’Unione, al fine di aggirare eventuali difficoltà connesse alla determinazione della residenza abituale del defunto.
- I principali criteri cui fare riferimento per la determinazione sono di tipo personale e professionale, con una prevalenza dei primi rispetto ai secondi.
- La residenza abituale del defunto che, per motivi professionali o economici, fosse andato a vivere all’estero, a prescindere dalla durata della permanenza, pur mantenendo un collegamento diretto e stabile con lo Stato di origine, potrebbe individuarsi in quest’ultimo Stato, inteso come “centro degli interessi della sua famiglia e della sua vita sociale” (considerando 23 del regolamento n. 650/2012);
- Nella determinazione della residenza abituale di un defunto che avesse vissuto in più Stati, senza stabilirsi in modo permanente in uno di essi, la cittadinanza o il luogo in cui sono situati i suoi beni principali “potrebbero costituire un elemento speciale per la valutazione generale di tutte le circostanze fattuali” (considerando 23 del regolamento n. 650/2012).
- Quanto alla durata e alla regolarità, l’aggettivo “abituale” rimanda l’esigenza di una certa stabilità e permanenza, non potendo una permanenza occasionale essere considerata come residenza abituale;
- Anche la volontà di fissare stabilmente in uno Stato il centro permanente dei propri interessi, assume un ruolo importante (sentenza 19 febbraio 2011, causa C-497/10, Mercredi, punto 51, ancorché riferita all’individuazione della residenza abituale del minore).
- Le scelte personali dell’interessato assumono un rilievo preponderante rispetto alla effettiva durata della permanenza in uno Stato. A questo proposito, particolarmente complessa ai fini della determinazione della residenza abituale è la situazione in cui il soggiorno prolungato in un paese non sia frutto di libera scelta. Sul punto si è espressa la United Kingdom Supreme Court in una pronuncia datata 9 settembre 2013, A (Children), Re (Rev 1) [2013] UKSC 60 con riguardo alla determinazione della residenza abituale del figlio, nato in Pakistan, di una donna pakistana, residente abitualmente nel Regno Unito, che era stata trattenuta contro la sua volontà in Pakistan dal marito. La Corte inglese rileva come un’assenza temporanea, specialmente se forzata, non è idonea a far perdere il carattere di abitualità della residenza in un determinato Stato.
- Allo stesso modo, la circostanza che l’assenza di lunga durata da uno Stato di prima residenza abituale sia dovuta a regioni mediche d’urgenza che gli abbiano impedito il ritorno al suo paese di origine, non sarebbe sufficiente a rilevare l’esistenza della residenza abituale nel primo Stato (sentenza 5 giugno 2014, causa C‑255/13, I c .Health Service Executive, punto 54)
- Nella determinazione della residenza abituale del de cuius, deve essere condotta una valutazione complessiva delle circostanze di specie, all’interno di un solo Stato membro: non è, dunque, possibile, che la residenza abituale del defunto venga stabilita in due (o più) paesi (sentenza 16 luglio 2020, causa C-80/19, E.E., punto 40; si veda questo post). L’individuazione della residenza abituale in due o più Stati membri risulterebbe in una frammentazione della successione, incompatibile con gli obiettivi del Regolamento (sentenza 16 luglio 2020, causa C-80/19, E.E., punto 41; sentenza 2 ottobre 2017, Kubicka, causa C-218/16, punto 57; sentenza 21 giugno 2018, Oberle, causa C-20/17, punti da 53-55).
Ilaria Aquironi, Tommaso Ferrario
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