I limiti alla scelta della legge applicabile nei contratti di lavoro subordinato

8 Febbraio 2021 by Omar Vanin

Trib. Roma, sez. I lavoro, sentenza 20 maggio 2020, n. 2574

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Con sentenza n. 2574/2020, il Tribunale di Roma si è espresso sui limiti alla facoltà di scelta della legge applicabile nei contratti di lavoro posti dal regolamento n. 593/2008 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (“Roma I”). In particolare, l’art. 8, par. 1, del regolamento, consente alle parti di un rapporto di lavoro di scegliere la legge applicabile al contratto, precisando che tale scelta non pregiudica l’applicazione delle norme inderogabili a tutela del lavoratore previste dalla legge applicabile in assenza di scelta.

I fatti

Un dipendente adibito a mansioni svolte prevalentemente in Romania impugnava il licenziamento disciplinare intimato dalla società datrice di lavoro, avente sede in Italia, adducendo l’illegittimità dello stesso e, comunque, la sproporzionalità della sanzione disciplinare rispetto all’illecito contestatogli. La società si costituiva deducendo l’ammissibilità del licenziamento sulla base della legge rumena, la legge regolatrice del contratto in virtù di una clausola di scelta della legge applicabile.

La pronuncia

Motivando l’accoglimento della domanda del lavoratore, il Tribunale osserva che il dettato dell’art. 8, par. 1, del regolamento pone un limite alla scelta della legge applicabile al contratto e che l’interprete deve “valutare quale sarebbe la legge [altrimenti] applicabile […] al fine di verificare se la scelta consensuale possa valere a privare il lavoratore delle tutele inderogabili assicurate dalla legge del paese così individuato”.
Il giudice prosegue osservando che, sebbene, l’art. 8, par. 2 individui la legge applicabile al contratto di lavoro in quella del Paese in cui il lavoratore svolge abitualmente il proprio lavoro – in questo caso, quella rumena – il rapporto contrattuale complessivamente considerato presenta un collegamento manifestamente più stretto con l’Italia. Tanto basta, a parere del Tribunale, per innescare la previsione di cui al par. 4 dell’art. 8, ai sensi del quale “[s]e dall’insieme delle circostanze risulta che il contratto di lavoro presenta un collegamento più stretto con un paese diverso da quello indicato ai paragrafi 2 o 3, si applica la legge di tale diverso paese”.
Al fine di affermare l’esistenza di un collegamento più stretto con l’Italia, il giudice valorizza una pluralità di criteri, fra cui il luogo di sottoscrizione del contratto, la lingua dello stesso e il versamento dei contributi previdenziali presso un istituto di previdenza pubblica italiana.
Sancita l’applicabilità al rapporto delle norme inderogabili previste dalla legge italiana, il Tribunale fa utilizzo di tali norme per affermare l’illegittimità del licenziamento, censurando la genericità delle contestazioni mosse al lavoratore, così come la carenza di tempestività delle medesime. Sul punto, il giudice afferma che tali circostanze comportano la violazione di elementi essenziali di garanzia del procedimento disciplinare e, più in generale, di un fondamentale principio di civiltà giuridica.