Licenziamento individuale per ragioni organizzative e ordine pubblico

di Stefano Dominelli

Cass. sez. lav., sentenza 10 maggio 2021, n. 12344, ECLI:IT:CASS:2021:12344CIV

Con sentenza 10 maggio 2021, n. 12344, la sezione lavoro della Corte di cassazione è tornata sul tema della contrarietà all’ordine pubblico come limite al funzionamento delle norme deputate alla individuazione della legge applicabile. Si trattava, nella specie, della legge applicabile a dei rapporti di tirocinio e di collaborazione continuativa, per i quali le norme di conflitto pertinenti – identificate nella Convenzione di Roma del 1980 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali – richiamavano la legge algerina.
Il caso ricadeva nell’ambito di applicazione temporale della Convenzione di Roma, trattandosi di contratti conclusi rispettivamente nel 2005 e nel 2006, anteriori dunque alla data di applicazione del regolamento (CE) n. 593/2008 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (“Roma I”).

I fatti ed i precedenti gradi di giudizio

La controversia verteva, tra le altre cose, sulla qualificazione di un tirocinio e successivo contratto di collaborazione concluso dall’attrice con la Agenzia Nazionale Stampa Associata (ANSA), in occasione del quale veniva prestata attività all’estero assimilabile a quella di “corrispondente dall’estero”. Inoltre, oggetto del procedimento erano il provvedimento di “licenziamento individuale per ragioni organizzative” intimato alla lavoratrice nel 2011 e la domanda di reintegra sul posto di lavoro.
La Corte d’appello qualificava i contratti come contratti “di lavoro” agli effetti dell’art. 6 della Convenzione (la sentenza afferma la applicabilità della Convenzione in virtù dell’art. 57 della legge n. 218/1995, laddove la Convenzione opera nella fattispecie per forza propria). L’art. 6 della Convenzione richiamava per i rapporti in  questione la legge algerina, trovandosi in Algeria il luogo di abituale svolgimento della prestazione lavorativa.
La Corte, tuttavia, escludeva l’applicazione della legge algerina in quanto incompatibile con l’ordine pubblico italiano, ai sensi (dell’art. 16 della legge n. 218/1995 e) dell’art. 16 della Convezione di Roma. Per la Corte, l’applicazione della legge algerina, essendo questa priva di salvaguardie in caso di “licenziamenti individuali per ragioni organizzative”, avrebbe comportato nel caso di specie degli effetti incompatibili con i principi fondamentali dell’ordinamento italiano.
La Corte ripiegava dunque sull’applicazione della legge italiana riqualificando il rapporto di lavoro sulla base della legge italiana, anche alla luce delle prescrizioni da questa previste in tema di iscrizione a specifici albi.
Nello specifico, la Corte negava la possibilità di riconoscere al prestatore la qualifica di “corrispondente dall’estero” per difetto delle necessarie iscrizioni negli albi professionali. La violazione di norme imperative determinava l’esclusione della reintegra (disposta, invece, in primo grado), salvo il diritto a percepire la retribuzione per l’attività effettivamente svolta ex art. 2126 c.c.

La pronuncia

Ricorreva in Cassazione l’ANSA che, tra le altre, denunciava la violazione e la falsa applicazione delle norme di funzionamento che avevano portato ad escludere l’applicabilità della legge algerina.
Dichiarando infondato il motivo di ricorso (anche in ragione del fatto che parte ricorrente si era “semplicemente” limitata a reiterare le difese già svolte nei precedenti gradi di giudizio ed ivi disattese, ipotesi che si tradurrebbe in una “mera contrapposizione della propria valutazione al giudizio espresso dalla sentenza impugnata”), la Corte di cassazione ha ribadito come l’eccezione dell’ordine pubblico si riferisca unicamente alla nozione di “ordine pubblico internazionale” i cui parametri devono essere rinvenuti in esigenze comuni ai diversi ordinamenti di tutela dei diritti fondamentali, ovvero nell’insieme dei valori fondanti dell’ordinamento del foro. Rientrano fra questi, per la Corte, i principi relativi alla tutela del lavoratore in caso di “licenziamento individuale disposto per ragioni ‘organizzative’” ed il rispetto del principio fondamentale di una retribuzione proporzionata e sufficiente sulla base di quanto prescritto dall’art. 36 Cost. e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea in quelle ipotesi in cui l’accordo tra le parti dissimuli un contratto di lavoro subordinato per attribuire di fatto al lavoratore un trattamento economico deteriore rispetto a quello cui avrebbe diritto.

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