Profili internazionalprivatistici dell’azione promossa da un sindacato per l’accertamento di discriminazioni sul lavoro

di Curzio Fossati

Cass., sez. un., sentenza 21 luglio 2021, n. 20819, ECLI:IT:CASS:2021:20819CIV

Nella sentenza 21 luglio 2021, n. 20819 la Corte di cassazione ha affrontato alcuni aspetti internazionalprivatistici, attinenti alla competenza giurisdizionale e alla legge applicabile, dell’azione con la quale un sindacato – in virtù della legittimazione prevista dall’art. 5 d.lgs. n. 216/2003 recante attuazione della direttiva 2000/78/CE per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro – ha chiesto l’accertamento del carattere discriminatorio di alcune condotte poste in essere da una nota compagnia aerea irlandese nei confronti del proprio personale di cabina italiano.

Procedimento principale
La Federazione Italiana Lavoratori dei Trasporti (FILT CGIL) conviene davanti al Tribunale di Bergamo la società irlandese Ryanair DAC per ottenere – ai sensi dell’art. 4 d.lgs. 216/2003 – l’accertamento del carattere discriminatorio di una clausola dei contratti di lavoro da quest’ultima conclusi con il proprio personale di cabina, selezionato in Italia e avente base all’aeroporto di Bergamo – Orio Al Serio. Tale clausola, in particolare, prevede l’estinzione del contratto nel caso in cui il personale effettui interruzioni di lavoro o altre azioni sindacali ed esclude l’adesione da parte di Ryanair a qualsiasi contrattazione collettiva, impedendo ai lavoratori l’affiliazione ai sindacati. Il giudice di primo grado accoglie il ricorso e la società Ryanair propone appello, chiedendo, in via pregiudiziale, che sia dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice italiano in favore del tribunale di Dublino, competente ai sensi dell’art. 21 del regolamento n. 1215/2012 concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (c.d. “Bruxelles I bis”), quale autorità giurisdizionale del luogo in cui i lavoratori svolgono abitualmente la propria attività.
Secondo l’appellante, infatti, la competenza a conoscere l’azione intrapresa dal sindacato dovrebbe essere determinata in base alla predetta disposizione, in quanto tale azione è da ricondurre alla materia dei contratti individuali di lavoro e non alla materia degli illeciti, avendo ad oggetto una discriminazione subita dai membri del personale di cabina nell’ambito dei rispettivi rapporti di lavoro con la compagnia aerea. Per la stessa ragione, la legge applicabile dovrebbe
essere determinata ai sensi del regolamento n. 593/2008 in materia di obbligazioni contrattuali (c.d. “Roma I”) e non ai sensi del regolamento n. 864/2007 in materia di obbligazioni extracontrattuali (c.d. “Roma II”). Tali motivi di gravame, tuttavia, sono respinti dalla Corte d’appello di Brescia, la quale ha confermando integralmente la sentenza di primo grado. La società Ryanair ha quindi proposto ricorso in cassazione.

La decisione
La Corte di cassazione, nel respingere i motivi di impugnazione della ricorrente, con riferimento all’eccezione di giurisdizione conferma la correttezza della qualificazione – operata dal giudice d’appello – dell’azione oggetto del giudizio come domanda extracontrattuale e della conseguente applicabilità dell’art. 7 n. 2 del regolamento Bruxelles I-bis. La Suprema Corte, in particolare, richiama il principio sancito dalla Corte di giustizia dell’UE secondo cui al fine di stabilire se una domanda rientri nell’ambito d’applicazione della predetta disposizione, ovvero in quello dell’art. 7 n. 1 del medesimo regolamento, il giudice deve verificare se le pretese dell’attore ricadano – alla luce del sistema e degli obiettivi del regolamento e indipendentemente dalla loro qualificazione nel diritto nazionale – nella materia degli illeciti civili dolosi o colposi, oppure, al contrario, nella materia contrattuale (si vedano: Corte di giustizia, sentenza 13 marzo 2014, causa C-548/2012, Marc Brogsitter c. Fabrication de Montres Normandes EURL e Karsten Fräßdorf,
par. 18; sentenza 24 novembre 2020, causa C-59/19, Wikingerhof GmbH & Co. KG c. Booking.com BV, par. 30; sentenza 25 marzo 2021, causa C-307/19, Obala i lučice d.o.o. c. NLB Leasing d.o.o., par. 85). Ciò premesso, i giudici di legittimità affermano che la clausola dei contratti del personale di cabina della Ryanair, oggetto delle doglianze del sindacato, oltre ad avere effetti pregiudizievoli sui singoli rapporti di lavoro, lede l’autonomia collettiva e le relazioni sindacali in generale. Ne consegue che l’azione intentata dal sindacato per ottenerne l’accertamento del carattere discriminatorio dell’utilizzo da parte del datore di lavoro di siffatte clausole non può essere considerata di natura contrattuale. Inoltre, secondo la Corte di cassazione, per determinare la competenza giurisdizionale a conoscere della medesima azione non può neppure essere utilmente invocato l’art. 21 del regolamento Bruxelles I-bis, poiché nel caso di specie non sussiste alcun contratto di lavoro tra le parti (il sindacato e la società Ryanair).
Data la natura extracontrattuale della domanda avanzata dalla FILT CIGL, la Suprema Corte conclude nel senso della applicabilità dell’art. 7 n. 2 del regolamento n. 1215/2012 e conferma la sussistenza della giurisdizione in capo al Tribunale di Bergamo, quale giudice del luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto.
La Corte di cassazione respinge anche il motivo di ricorso relativo alla legge applicabile. Dal momento che l’azione oggetto del giudizio è stata qualificata come extracontrattuale ai fini della determinazione della competenza giurisdizionale, ad essa si applica anche il regolamento n. 864/2007 (c.d. Roma II). Sul punto, i giudici di legittimità richiamano il principio di coerenza reciproca degli ambiti di applicazione dei regolamenti Roma I e Roma II e degli stessi rispetto all’ambito d’applicazione del regolamento Bruxelles I-bis, sancito dai considerando n. 7 dei primi due regolamenti e in più occasioni ribadito dalla Corte di giustizia dell’UE (si veda, fra le tante, sentenza 21
gennaio 2016, cause riunite C-359/14 e C-475/14, Ergo Insurance e Gjensidige Baltic, par. 43). La Suprema Corte conclude nel senso che la lex loci damni applicabile ai sensi dell’art. 4 del regolamento Roma II è la legge italiana, poiché gli effetti pregiudizievoli della clausola oggetto del giudizio si sono verificati (o rischiano di verificarsi) in Italia.

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