Il criterio della residenza abituale di un coniuge ai fini dello scioglimento del matrimonio

by Antonio Zullo

Corte di giustizia UE, sentenza 25 novembre 2021, causa C-289/20, IB c. FA – ECLI:EU:C:2021:955

Con sentenza 25 novembre 2021 (causa C-289/20), la Corte di giustizia, per la prima volta, ha fornito chiarimenti in merito alla nozione di «residenza abituale» dei coniugi, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), del regolamento (CE) n. 2201/2003 relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale.  

Il procedimento principale

IB, cittadino francese sposatosi in Irlanda nel 1994 con FA, cittadina irlandese, depositava nel 2018 una domanda di divorzio presso il Tribunale di Parigi, il quale si dichiarava però territorialmente incompetente a statuire sul divorzio dei coniugi, ritenendo che la sola fissazione del luogo di lavoro di IB in Francia non potesse essere sufficiente a determinarne la volontà di stabilirvi la propria residenza abituale onde poter individuare il giudice competente ai sensi dell’articolo 3, par. 1, lettera a), del regolamento n. 2201/2003. IB interponeva appello sostenendo di esercitare le proprie attività professionali in Francia in modo stabile e permanente dal mese di maggio 2017 e di abitare in Francia. Secondo la Corte d’Appello di Parigi, benché fosse pacifico che il domicilio familiare dei coniugi fosse situato in Irlanda, il collegamento di IB con l’Irlanda non escludeva un collegamento altrettanto stretto con la Francia, avendo IB, di fatto, una residenza familiare in Irlanda e una residenza professionale in Francia. Il procedimento veniva quindi sospeso per chiedere alla Corte se i giudici di entrambi gli Stati fossero ugualmente competenti a pronunciarsi sul divorzio.

La pronuncia

La Corte ribadisce che il regolamento n. 2201/2003 non contiene alcuna definizione della nozione di «residenza abituale» di un coniuge e che nessuna norma menziona detta nozione nella forma plurale.
La Corte chiarisce poi che, se da una parte l’impiego dell’aggettivo «abituale» implica che la residenza debba avere una certa stabilità o regolarità, dall’altra l’assimilazione della residenza abituale di un coniuge al centro permanente o abituale in cui si trovano i suoi interessi non depone nel senso di accettare che una pluralità di residenze possano, contemporaneamente, presentare un siffatto carattere. L’obiettivo perseguito dalle regole di competenza è di assicurare un equilibrio tra la mobilità delle persone all’interno dell’Unione europea e la certezza del diritto, ma ammettere che un coniuge possa contemporaneamente risiedere abitualmente in più Stati membri potrebbe invece nuocere alla certezza del diritto.
Pertanto, sebbene non sia escluso che un coniuge possa contemporaneamente disporre di più residenze, quest’ultimo può avere, in un determinato momento, una sola residenza abituale. La Corte conclude che l’articolo 3, par. 1, lett. a), del regolamento n. 2201/2003 debba essere interpretato nel senso che un coniuge che divide la propria vita tra due Stati membri possa avere la propria residenza abituale in uno solo di tali Stati membri e che, per l’effetto, solo i giudici dello Stato membro nel cui territorio è situata tale residenza abituale sono competenti a statuire sulla domanda di scioglimento del vincolo matrimoniale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.