La riconoscibilità di una decisione americana che condanna uno Stato straniero al risarcimento dei danni derivanti da attacchi terroristici

by Mariangela La Manna

Cass., sez. I, ordinanza 10 dicembre 2021, n. 39391 – ECLI:IT:CASS:2021:39391CIV

Nella recente ordinanza n. 39391/2021, depositata il 10 dicembre scorso, la Corte di cassazione ha accolto l’impugnazione presentata da un folto numero di ricorrenti avverso l’ordinanza della Corte d’appello di Roma, depositata l’11 dicembre 2020, con la quale quest’ultima negava il riconoscimento in Italia di una pronuncia emessa dalla Corte federale distrettuale di New York il 22 ottobre 2012, che aveva condannato la Repubblica iraniana al risarcimento dei danni causati dall’attentato terroristico alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001 a familiari ed eredi delle vittime.

I fatti

In particolare, la Corte d’appello negava il riconoscimento della pronuncia straniera ai sensi degli artt. 64 e 67 della legge n. 218/1995, non ravvisando la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento richiesti dalle norme in questione. Riteneva, cioè, che i criteri giurisdizionali utilizzati dal giudice americano fossero completamente alieni rispetto ai principi in materia di competenza giurisdizionale propri dell’ordinamento italiano. Concludeva, poi, che le statuizioni contenute nella pronuncia avrebbero prodotto effetti contrari all’ordine pubblico. Più precisamente, la Corte d’Appello ravvisava l’incompatibilità tra la disciplina americana in punto di immunità degli Stati stranieri dalla giurisdizione civile, dettata dal Foreign Sovereign Immunities Act (FSIA), e la corrispondente disciplina italiana, attuativa della norma consuetudinaria in materia. L’elemento cardine su cui si focalizzava l’attenzione della Corte d’appello era la previsione ad opera della legislazione americana di un’eccezione all’immunità sovrana non prevista dalla norma consuetudinaria sull’immunità dello Stato straniero dalla giurisdizione civile. Ci si riferisce alla c.d. terror exception, in virtù della quale lo Stato straniero considerato sponsor del terrorismo non poteva beneficiare dell’immunità dalla giurisdizione civile di altri Stati prevista dal diritto internazionale, nonché all’individuazione – in maniera del tutto unilaterale da parte degli Stati Uniti – dei c.d. rogue States, tale da generare una presunzione assoluta di colpevolezza nei confronti degli Stati designati e ritenuta, pertanto, intrinsecamente incompatibile con i principi dell’ordinamento italiano. La Corte territoriale riteneva, infatti, la discriminazione operata dal FSIA nei confronti degli Stati designati come sponsor del terrorismo ostativa al riconoscimento della pronuncia. Ravvisava, inoltre, un ulteriore profilo discriminatorio nel fatto che la legislazione in questione riservava l’accesso al giudice solo ai cittadini americani.

I ricorrenti proponevano ricorso per cassazione deducendo 6 motivi, tutti relativi alla violazione o falsa applicazione dell’art. 64, lett. a) e g) della legge n. 218/1995. Facevano, innanzitutto, valere l’idoneità del titolo di giurisdizione del giudice americano anche secondo i criteri in materia di competenza giurisdizionale propri dell’ordinamento italiano (i). Sostenevano, poi, la compatibilità della legislazione americana con le norme internazionali in materia, rivendicando la possibilità per gli Stati di regolare in maniera differente l’istituto dell’immunità sovrana nei rispettivi ordinamenti interni (ii). Evidenziavano, ancora la natura non discriminatoria delle disposizioni rilevanti del FSIA e la compatibilità di queste con l’art. 3 Cost (iii), nonché l’insussistenza della censura relativa alla presunzione assoluta di colpevolezza degli Stati considerati fiancheggiatori del terrorismo (iv). Sottolineavano, infine, l’errore compiuto dalla Corte d’appello nel dedurre la previsione ad opera del FSIA di una presunzione assoluta di esistenza di un rapporto organico tra rogue States e individui legati anche solo in maniera lata a tali Stati (v). Infine, l’ultimo motivo dedotto riguardava la mancata ammissione da parte della Corte territoriale di produzioni documentali e memorie non autorizzate (vi).

La pronuncia

La Corte di cassazione ha accolto i primi 5 motivi, con assorbimento dell’ultimo, giudicando il ragionamento della Corte d’appello parziale e inadeguato. Ha censurato, infatti, in prima battuta la considerazione fatta da questa della legislazione americana, sottolineando, al contrario, la compatibilità di quest’ultima con la versione ristretta dell’immunità dello Stato straniero dalla giurisdizione civile propugnata dal diritto internazionale pattizio e consuetudinario, anche con riferimento all’ipotesi della proposizione di azioni per il risarcimento dei danni da derivanti da atti iure imperii (ossia intrinsecamente sovrani) costitutivi di gravi violazioni del diritto internazionale.

Ha valutato, poi, il riferimento al FSIA operato dalla Corte d’Appello del tutto inconferente in sede di giudizio di delibazione, limitandosi l’art. 64 lett. a) a stabilire, quale condizione per il riconoscimento, che il giudice straniero poteva conoscere della causa secondo i principi sulla competenza giurisdizionale propri dell’ordinamento italiano. La Corte ha riscontrato la sussistenza del requisito in parola, motivando tale statuizione sulla base della propria giurisprudenza pregressa in materia di immunità sovrana, da tempo concorde nell’individuare nel perseguimento del valore della dignità umana un limite all’applicazione dell’immunità dello Stato straniero dalla giurisdizione civile per atti di natura sovrana. Secondo la Cassazione, dunque, la norma internazionale sull’immunità sovrana sarebbe dovuta venire meno in ragione del primato dei valori fondamentali di tutela della persona umana. Nell’ipotesi di atti iure imperii costitutivi di crimini internazionali, pertanto, l’operatività della norma consuetudinaria sull’immunità sovrana sarebbe stata preclusa, conformemente a quanto stabilito dalla Corte Costituzionale nella celebre pronuncia n. 238/2014.

All’esito di tale ragionamento, la Corte ha confermato che l’immunità dello Stato straniero dalla giurisdizione, così come concepita dall’ordinamento italiano, funge da parametro per il riconoscimento ai sensi dell’art. 64 lett. a) della legge n. 218. Pertanto, potendo bene il giudice italiano conoscere di un’ipotesi come quella de qua ai sensi dei principi sulla competenza giurisdizionale del nostro ordinamento, la pronuncia americana è riconoscibile.

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