Corte di giustizia UE (Grande Sezione), sentenza 20 giugno 2022, Causa C-700/20, London Steam‐Ship Owners’ Mutual Insurance Association Limited c. Regno di Spagna – ECLI:EU:C:2022:488
La Corte di giustizia dell’UE, con sentenza 20 giugno 2022 (causa C-700/20), ha fornito alcuni chiarimenti sull’interpretazione dell’art. 34, punti 3 e 1, del regolamento n. 44/2001, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni (“Bruxelles I“), nel contesto di un giudizio ordinario e di un procedimento arbitrale, svoltisi parallelamente in Spagna e nel Regno Unito.
Il procedimento principale
Nel novembre 2002, la petroliera Prestige (che stava trasportando 70.000 tonnellate di olio combustibile) affondava al largo della costa della Galizia, a causa di una tempesta, arrecando gravi danni ambientali alle coste francesi e spagnole. Il Regno di Spagna si costituiva parte civile nel procedimento penale instaurato, nel dicembre 2002, presso la Corte provinciale di A Coruña e chiedeva il risarcimento danni, in particolare, all’assicuratore della nave London Steam‐Ship Owners’ Mutual Insurance Association Limited (“London P&I Club”), invocando la responsabilità diretta di quest’ultimo, a norma dell’art. 117 del codice penale spagnolo.
Il London P&I Club depositava presso la Corte una somma a garanzia degli eventuali danni che fossero accertati, senza costituirsi e, a sua volta, in data 16 gennaio 2012, in virtù della clausola compromissoria contenuta nel contratto di assicurazione stipulato con gli armatori della nave, avviava un procedimento arbitrale a Londra, al quale il Regno di Spagna – pur essendo stato invitato – decideva di non partecipare.
Con lodo reso in data 13 febbraio 2013, l’arbitro unico stabiliva che le pretese avanzate dal Regno di Spagna nei confronti del London P&I Club – di natura contrattuale e sottoposte alla legge inglese, in base alle norme di diritto internazionale privato del Regno Unito – dovevano essere fatte valere in sede arbitrale. Tuttavia, in forza della clausola “paid to be paid” del contratto di assicurazione, non sussisteva alcun obbligo risarcitorio in capo al London P&I Club, in assenza del previo accertamento della responsabilità del soggetto assicurato e del relativo pagamento da parte di quest’ultimo. L’importo a carico dell’assicuratore non avrebbe potuto comunque eccedere l’importo di un miliardo di USD. L’Alta Corte di giustizia (Inghilterra e Galles), divisione del Queen’s Bench (sezione commerciale), con ordinanza del 22 ottobre 2013, autorizzava il London P&I Club ad eseguire il lodo arbitrale nel territorio del Regno Unito, ai sensi dell’art. 66, par. 1 e 2, della legge inglese sull’arbitrato del 1996 e, nella medesima data, emetteva una sentenza che riproduceva il contenuto del lodo stesso.
Il Regno di Spagna – che già si era opposto all’istanza avversaria – proponeva impugnativa, avanti la Corte d’appello (Inghilterra e Galles – divisione per le cause in materia civile), che veniva rigettata con sentenza del 1° aprile 2015.
Dopo varie fasi del giudizio spagnolo, la Corte provinciale di A Coruña, con ordinanza del 1° marzo 2019, liquidava in circa 855 milioni di Euro l’importo complessivamente dovuto dal London P&I Club al Regno di Spagna.
Tale provvedimento veniva riconosciuto nel Regno Unito, con ordinanza datata 28 maggio 2019 dell’Alta Corte di giustizia (Inghilterra e Galles), divisione del Queen’s Bench, su ricorso dello stesso Regno di Spagna.
Il London P&I Club si opponeva, assumendo che l’ordinanza della corte spagnola, da un lato, fosse in contrasto con l’ordinanza e la sentenza del 22 ottobre 2013 del giudice inglese, e, dall’altro lato, fosse manifestamente contraria all’ordine pubblico, per violazione del principio dell’autorità di cosa giudicata.
Il Regno di Spagna resisteva all’impugnativa.
Il giudice adìto sospendeva il procedimento e chiedeva alla Corte di giustizia dell’UE di precisare:
- se una sentenza emessa da un organo giurisdizionale di uno Stato membro e che riproduce le statuizioni di un lodo arbitrale possa costituire una decisione, in grado di impedire, nel medesimo Stato membro, il riconoscimento di decisioni rese in altri Stati membri, a norma dell’art. 34, punto 3, del regolamento n. 44/2001;
- qualora la disposizione non si applichi, se il riconoscimento possa essere precluso dall’art. 34, punto 1, del regolamento n. 44/2001, per contrarietà all’ordine pubblico, poiché sarebbe violato il principio dell’autorità di cosa giudicata.
La pronuncia
In via preliminare, la Corte ha ribadito che le disposizioni del regolamento n. 44/2001 devono essere interpretate conformemente ai principi elaborati nel vigore della pregressa Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968 e del successivo regolamento n. 1215/2012 (Bruxelles I bis), laddove “tali disposizioni possano essere qualificate come ‘equivalenti’” (v. sentenza del 15 luglio 2021, Volvo e a., C‐30/20, EU:C:2021:604, punto 28). L’arbitrato – da intendersi quale “materia nel suo complesso, comprese le azioni intentate dinanzi agli organi giurisdizionali degli Stati (sentenza del 25 luglio 1991, Rich, C‐190/89, EU:C:1991:319, punto 18)” – non rientra, pertanto, nell’ambito di applicazione, né del regolamento n. 44/2001 (v. art. 1, par. 2, lettera d), né del regolamento n. 1215/2012 (v. art. 1, par. 2, lettera d, nonché considerando 12), cosicché la procedura di riconoscimento e di esecuzione dei lodi arbitrali intra-europei è disciplinata dalle norme (diritto nazionale e internazionale) dello Stato membro richiesto (v. sentenza del 13 maggio 2015, Gazprom, C‐536/13, EU:C:2015:316, punto 41).
Per questi motivi “una sentenza che riprende i termini di un lodo arbitrale ricade nell’esclusione dell’arbitrato di cui all’articolo 1, paragrafo 2, lettera d), del regolamento n. 44/2001 e, di conseguenza, non può beneficiare del riconoscimento reciproco tra gli Stati membri né circolare nello spazio giudiziario dell’Unione conformemente alle disposizioni di detto regolamento”.
Occorre, tuttavia, considerare che, a norma dell’art. 32 del regolamento n. 44/2001, qualsiasi pronuncia di un giudice di uno Stato membro (a prescindere dalla denominazione utilizzata e dal suo contenuto), emessa all’esito di istruttoria, anche sommaria, nel contraddittorio tra le parti, costituisce una “decisione” (v. sentenza del 7 aprile 2022, H Limited, C‐568/20, EU:C:2022:264, punti 24 e 26 e giurisprudenza ivi citata). Questo vale anche per la disposizione dell’art. 34, punto 3, del medesimo regolamento (v. sentenza del 2 giugno 1994, Solo Kleinmotoren, C‐414/92, EU:C:1994:221, punto 20), che ha la finalità di “tutelare l’integrità dell’ordinamento giuridico interno di uno Stato membro e di garantire che il suo ordine sociale non sia turbato dall’obbligo di riconoscere una sentenza promanante da un altro Stato membro che sia in contrasto con una decisione resa, tra le stesse parti, dai suoi stessi organi giurisdizionali (v., per analogia, sentenza del 2 giugno 1994, Solo Kleinmotoren, C‐414/92, EU:C:1994:221, punto 21)” ed anche qualora la pronuncia verta su materie che esulano dal regolamento stesso. Inoltre, è necessario evitare che le due decisioni (quella oggetto dell’istanza di riconoscimento e quella già emessa dal giudice dello Stato membro richiesto) possano determinare effetti giuridici incompatibili (v. sentenza del 4 febbraio 1988, Hoffmann, 145/86, EU:C:1988:61, punto 25).
Una pronuncia emessa da un organo giurisdizionale di uno Stato membro che riprende i termini di un lodo arbitrale è, pertanto, idonea a costituire una decisione e ad impedire nello stesso Stato membro il riconoscimento di un’altra pronuncia emessa in un differente Stato membro, a norma dell’art. 34, punto 3, del regolamento n. 44/2001, se tali decisioni sono in contrasto tra loro. Ciò però solamente a condizione che il lodo arbitrale e la sentenza che lo recepisce siano conformi alle disposizioni ed agli obbiettivi fondamenti del regolamento. Premesso quanto sopra e chiarito che “ai fini dell’interpretazione di una norma di diritto dell’Unione si deve tener conto non soltanto del tenore della stessa, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte” (v., sentenza del 4 maggio 2010, TNT Express Nederland, C‐533/08, EU:C:2010:243, punto 44 e giurisprudenza ivi citata), la Corte ha rammentato i principi basilari e le finalità della cooperazione giudiziaria in materia civile e commerciale all’interno dell’UE: la libera circolazione delle decisioni, il criterio della prevedibilità del foro, la buona amministrazione della giustizia, la riduzione massima del rischio di procedimenti paralleli, la reciproca fiducia nella giustizia (v. sentenze del 4 maggio 2010, TNT Express Nederland, C‐533/08, EU:C:2010:243, punto 49, e del 19 dicembre 2013, Nipponkoa Insurance, C‐452/12, EU:C:2013:858, punto 36).
Di conseguenza, un lodo arbitrale recepito da una sentenza rientra nella previsione dell’art. 34, punto 3, del regolamento n. 44/2001 ma “solo se ciò non ostacola il diritto a un ricorso effettivo garantito all’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (v., in tal senso, sentenza del 25 maggio 2016, Meroni, C‐559/14, EU:C:2016:349, punto 44) e consente di raggiungere gli obiettivi della libera circolazione delle decisioni in materia civile nonché della reciproca fiducia nella giustizia in seno all’Unione, in condizioni almeno altrettanto favorevoli di quelle che risultano dall’applicazione di tale regolamento (v., per analogia, sentenze del 4 maggio 2010, TNT Express Nederland, C‐533/08, EU:C:2010:243, punto 55, e del 19 dicembre 2013, Nipponkoa Insurance, C‐452/12, EU:C:2013:858, punto 38)”.
Orbene, nel caso de quo, le statuizioni del lodo arbitrale non avrebbero potuto costituire oggetto di una pronuncia da parte di un giudice ordinario, poiché in evidente contrasto con due disposizioni fondamentali del regolamento: la non opponibilità a terzi dell’efficacia della clausola compromissoria stipulata in un contratto di assicurazione e la disciplina in tema di litispendenza.
E infatti:
- ai sensi del combinato disposto degli artt. 13, punto 5) e 14, punto 2), lettera a) del regolamento, “una clausola attributiva di competenza stipulata tra un assicuratore e un contraente dell’assicurazione non è opponibile alla persona lesa da un danno assicurato che, ove il diritto nazionale lo consenta, intenda agire direttamente, per responsabilità da illecito civile doloso o colposo, contro l’assicuratore dinanzi al giudice del luogo in cui si è verificato l’evento dannoso, o dinanzi al giudice del luogo in cui essa è domiciliata (v., in tal senso, sentenza del 13 luglio 2017, Assens Havn, C‐368/16, EU:C:2017:546, punti 31 e 40 e giurisprudenza ivi citata)”. Non può essere, dunque, consentito ad una sentenza che recepisce un lodo arbitrale – in forza di una clausola compromissoria non stipulata dalla parte danneggiata – di “impedire il riconoscimento di una decisione emessa in un altro Stato membro a seguito di un’azione diretta per risarcimento danni intentata dalla persona lesa”. A quest’ultima, invero, sarebbe precluso di ottenere il risarcimento dei danni subiti, in palese contrasto con la finalità di “tutelare le vittime di un danno nei confronti
dell’assicuratore” (v. sentenza del 13 luglio 2017, Assens Havn, C‐368/16, EU:C:2017:546, punti 36 e 41); - allorché il London P&I Club ha introdotto la procedura arbitrale, era già pendente il giudizio avanti la corte spagnola. Trattandosi di procedimenti nei quali si verteva sull’eventuale responsabilità dell’assicuratore London P&I Club nei confronti del Regno di Spagna, per i danni arrecati dall’affondamento della petroliera Prestige (in sede ordinaria quale accertamento positivo della circostanza, mentre in sede arbitrale quale accertamento negativo) e, quindi, con medesimo oggetto (petitum) e titolo (causa petendi), la fattispecie determina un caso di litispendenza, ai sensi dell’art. 27, punto 1, del regolamento. Invero, la norma fa riferimento alle «[domande] tra le stesse parti», senza richiedere una partecipazione effettiva ai procedimenti in questione…(v., in tal senso, sentenza del 19 ottobre 2017, Merck, C‐231/16, EU:C:2017:771, punti 31 e 32)” ed è già stata interpretata nel senso che “una domanda volta a far dichiarare che il convenuto è responsabile di un danno e ad ottenerne la condanna al risarcimento del danno ha il medesimo oggetto e il medesimo titolo di un’azione precedente di accertamento negativo proposta dal medesimo convenuto volta a far accertare che questi non è il responsabile del predetto danno (v., in tal senso, sentenza del 19 dicembre 2013, Nipponkoa Insurance, C‐452/12, EU:C:2013:858, punto 42, e del 20 dicembre 2017, Schlömp, C‐467/16, EU:C:2017:993, punto 51)”.
Il giudice successivamente adito (il tribunale arbitrale) avrebbe, dunque, dovuto sospende d’ufficio il procedimento nell’attesa che fosse accertata la competenza del primo giudice ed avrebbe poi dovuto dichiarare la propria incompetenza, per evitare la pendenza di procedimenti paralleli, a norma dell’art. 27, punto 2, del regolamento. L’avvenuta violazione delle suddette disposizioni in tema di opponibilità di clausola compromissoria e di litispendenza esclude, di per sé, che il riconoscimento nel Regno Unito dell’ordinanza della corte spagnola del 1° marzo 2019 possa essere impedito dall’art. 34, punto 1, del regolamento n. 44/2001, per contrarietà all’ordine pubblico.
Questa disposizione deve essere, peraltro, interpretata “restrittivamente, in quanto configura un ostacolo alla realizzazione di uno degli obiettivi fondamentali di tale regolamento, e deve quindi applicarsi soltanto in casi eccezionali (sentenza del 25 maggio 2016, Meroni, C‐559/14, EU:C:2016:349, punto 38 e giurisprudenza ivi citata)” e non può essere utilizzata per valutare la “compatibilità di una decisione straniera con una decisione nazionale (sentenza del 4 febbraio 1988, Hoffmann, 145/86, EU:C:1988:61, punto 21)”.
Inoltre, non è possibile avvalersi dell’eccezione di ordine pubblico di cui all’art. 34, punto 1, per far valere questioni relative all’“autorità di cosa giudicata”, che sono già disciplinate, in modo tassativo, dall’art. 34, punti 3 e 4.