L’incidenza di una normativa nazionale emanata nel periodo di emergenza da COVID-19 sui termini per proporre opposizione avverso un decreto ingiuntivo europeo

by Marco Sposini


Corte di giustizia UE, sentenza 15 settembre 2022, Causa C-18/21, Uniqa Versicherungen AG c. VU – ECLI:EU:C:2022:682

La Corte di giustizia, con sentenza 15 settembre 2022 (causa C-18/21), ha fornito alcuni chiarimenti sull’interpretazione degli articoli 16, 20 e 26 del regolamento (CE) n. 1896/2006 che istituisce un procedimento europeo di ingiunzione di pagamento, nel corso di una controversia nella fase di opposizione in Austria.

Il procedimento principale

Su istanza di una compagnia assicuratrice austriaca (Uniqa Versicherungen), il Bezirksgericht für Handelssachen Wien (Tribunale circoscrizionale per le controversie commerciali di Vienna), in data 6 marzo 2020, emetteva un’ingiunzione
di pagamento europea nei confronti di una persona fisica (VU), residente in Germania, notificata in data 4 aprile 2020.
La parte ingiunta, in data 18 maggio 2020, proponeva opposizione, che veniva rigettata per decorrenza del termine di 30 giorni di cui all’art. 16, par. 2, del regolamento n. 1896/2006.
L’Handelsgericht Wien (Tribunale di Commercio d’Austria), in sede d’appello, annullava il provvedimento, in forza dell’art. 1, par. 1, della legge austriaca promulgata il 21 marzo 2020, durante il periodo di emergenza da COVID – 19, che prevedeva che, nei procedimenti giurisdizionali in materia civile, tutti i termini processuali che avevano iniziato a decorrere dopo il 21 marzo 2020 o che non erano ancora scaduti a tale data dovevano essere interrotti fino al 30 aprile 2020 e dovevano ricominciare a decorrere dal 1° maggio 2020.
L’Uniqa Versicherungen proponeva ricorso per cassazione dinnanzi all’Oberster Gerichtshof (Corte suprema d’Austria), che sospendeva il procedimento e chiedeva alla Corte di giustizia di chiarire se gli articoli 16, 20 e 26 del regolamento n. 1896/2006 debbano essere interpretati nel senso che precludono l’applicazione di suddetta legislazione nazionale al termine di 30 giorni entro il quale il convenuto deve presentare opposizione avverso un’ingiunzione di pagamento europea.

La pronuncia

In via preliminare, la Corte ha rammentato che l’obiettivo del regolamento n. 1896/2006 è di “semplificare, accelerare e ridurre i costi dei procedimenti per le controversie transfrontaliere in materia di crediti pecuniari non contestati”, mediante una procedura che si svolge inaudita altera parte, sino a quando il provvedimento di ingiunzione non viene notificato al convenuto. E’ solo da questo momento che il presunto debitore può proporre opposizione dinnanzi al giudice dello Stato membro d’origine, a norma dell’art. 12, par. 3, del regolamento (v. sentenza del 13 giugno 2013, Goldbet Sportwetten, C-144/12, EU:C:2013:393, punto 29), nel termine di 30 giorni, ai sensi dell’art. 16, par. 2, del regolamento.
In forza dell’art. 17 (così come modificato dal regolamento (UE) 2015/2421) e del considerando 24 del regolamento – salvo che il creditore, nel ricorso, non abbia esplicitamente richiesto l’estinzione del procedimento, in caso di opposizione – il convenuto ha la possibilità di determinare il passaggio automatico del giudizio secondo le modalità previste dal procedimento europeo per le controversie di modesta entità di cui al regolamento CE n. 861/2007 (laddove applicabile) oppure secondo le norme processuali dello Stato membro d’origine.
La fase di opposizione – finalizzata a consentire al convenuto di contestare il credito dopo l’emissione del provvedimento (v. sentenza del 13 giugno 2013, Goldbet Sportwetten, C-144/12, EU:C:2013:393, punto 30) – “è quindi essenziale per garantire il rispetto dei diritti della difesa, sanciti all’articolo 47, secondo comma, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea”.
A norma dell’art. 20, par. 1, lett. b), del regolamento, anche successivamente alla scadenza del termine di cui all’art. 16, par. 2, il convenuto ha il diritto di chiedere il riesame dell’ingiunzione di pagamento europea dinnanzi al giudice competente dello Stato membro di origine, ma solo in casi eccezionali e per ragioni a lui non imputabili (quando la notifica non è stata effettuata in tempo utile per consentirgli di presentare le proprie difese oppure quando il convenuto non ha avuto la possibilità di contestare il credito per forza maggiore o circostanze eccezionali) ed a condizione che egli agisca tempestivamente (v. sentenza del 22 ottobre 2015, Thomas Cook Belgium, C-245/14, EU:C:2015:715, punti 29 e 31, e ordinanza del 21 marzo 2013, Novontech-Zala, C-324/12, EU:C:2013:205, punto 24).
Inoltre, il regolamento – sebbene, in virtù dell’art. 1, par. 1, lett. b) e del considerando 9, stabilisca le “norme minime” per “assicurare la libera circolazione dell’ingiunzione di pagamento europea”, tramite “uno strumento uniforme di recupero, garantendo condizioni identiche ai creditori e ai debitori in tutta l’Unione” – “non opera un’armonizzazione completa di tutti gli aspetti del procedimento”.
Invero, ai sensi dell’art. 26, per tutte le questioni procedurali non espressamente disciplinate dal regolamento si applicano le norme dei singoli Stati membri (v., in tal senso, sentenza del 10 marzo 2016, Flight Refund, C-94/14, EU:C:2016:148, punto 53). Di conseguenza, gli specifici motivi che costituiscono cause di interruzione o di sospensione del termine per proporre opposizione ad un’ingiunzione di pagamento europea sono disciplinati dalle rispettive normative nazionali, purché “non siano meno favorevoli rispetto a quelle relative a situazioni analoghe disciplinate dal diritto interno (principio di equivalenza) e … non rendano in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’Unione (principio di effettività) (v., in tal senso, sentenza del 21 dicembre 2021, Randstad Italia, C-497/20, EU:C:2021:1037, punto 58 e giurisprudenza ivi citata)”.
Per quanto riguarda il principio di equivalenza, la Corte ha rilevato che “l’articolo 1, paragrafo 1, della legge austriaca relativa al COVID-19 si applica indistintamente a tutti i termini processuali dei procedimenti civili, e ciò a prescindere dalla base giuridica dell’azione di cui trattasi. Pertanto, fatta salva la verifica da parte del giudice del rinvio, una siffatta normativa sembra garantire un pari trattamento dei procedimenti d’ingiunzione di pagamento basati sul diritto nazionale e di quelli, analoghi, fondati sul regolamento n. 1896/2006”.
Per quanto concerne il principio di effettività, la Corte ha statuito che “una normativa processuale nazionale deve essere considerata conforme a tale principio se non pregiudica l’equilibrio, istituito dal regolamento n. 1896/2006, tra i diritti rispettivi del ricorrente e del convenuto nell’ambito del procedimento europeo d’ingiunzione di pagamento. In particolare, una normativa nazionale che abbia l’effetto di interrompere il termine di opposizione avverso una siffatta ingiunzione, fissato all’articolo 16, paragrafo 2, di tale regolamento, rispetta detto principio qualora appaia giustificata dall’obiettivo di garantire il rispetto dei diritti della difesa del convenuto senza rendere, in pratica, eccessivamente difficile il recupero rapido ed efficace dei crediti in questione. A tal fine, il periodo durante il quale il termine in
parola è interrotto deve essere limitato allo stretto necessario”.
Nel caso di specie, la legge austriaca ha solamente previsto una breve interruzione di tutti i termini processuali (di circa cinque settimane), durante il noto lockdown per la pandemia da COVID -19, quando tutte le attività, ivi comprese quelle giudiziarie, erano state fortemente limitate, senza, peraltro, far nuovamente decorrere i termini per proporre opposizione già scaduti prima della sua entrata in vigore.
Le ragioni dei creditori non appaiono, dunque, essere state pregiudicate e, nello stesso tempo, è stata preservata, in concreto, la possibilità di proporre l’opposizione di cui all’art. 16 del regolamento, che è un diritto “essenziale per l’equilibrio ricercato dal legislatore dell’UE”.

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