La Convenzione Italo-Russa del 1979 e la legge n. 218/1995 ai fini del riconoscimento delle decisioni

by Marco Sposini


Corte di Cassazione, Sez. I, ordinanza 2 febbraio 2023, n. 3199 – ECLI:IT:CASS:2023:3199CIV


La Corte di cassazione, con ordinanza 2 febbraio 2023, n. 3199, ha fornito alcuni chiarimenti nel quadro del riconoscimento, in Italia, di decisioni rese in Russia in materia civile.

Il procedimento
In data 11 luglio 2019, la Corte d’appello di Roma riconosceva in Italia una sentenza resa dal Tribunale di Mosca in data 2 ottobre 2015, passata in giudicato, con cui un cittadino russo era stato condannato a restituire, in favore di un cittadino italiano, un importo percepito in forza di un contratto di mutuo.
La parte debitrice, in sede di opposizione, eccepiva l’insussistenza dei presupposti per la riconoscibilità in Italia della decisione, ai sensi dell’art. 64, primo comma, lett. a), della legge n. 218/95, asserendo che il giudice moscovita non poteva conoscere della causa secondo i principi sulla competenza giurisdizionale propri dell’ordinamento italiano.
Sul punto, deduceva che la stipula del contratto e la consegna della somma di denaro erano avvenute in Italia, ove sia l’attore sia il convenuto erano stabilmente residenti.
La parte debitrice eccepiva, altresì, la nullità del contratto di mutuo (per utilizzo di denaro contante nella transazione commerciale, in violazione della normativa internazionale antiriciclaggio) e, quindi, la contrarietà all’ordine pubblico della decisione, a norma dell’art. 64, lett. g), della legge n. 218/1995.
La corte territoriale rigettava l’impugnativa, rilevando che il cittadino russo si era regolarmente costituito nel giudizio avanti il Tribunale di Mosca, senza eccepire il difetto di giurisdizione dello stesso, cosicché la relativa competenza doveva intendersi tacitamente accettata. Inoltre, la sentenza straniera non si poneva in contrasto con l’ordine pubblico.
La parte debitrice proponeva ricorso per cassazione, lamentando, tra l’altro, la violazione e/o la falsa applicazione delle disposizioni degli artt. 19, 24 e 25 della Convenzione tra l’Italia e la Federazione Russa del 25 gennaio 1979, che non consentirebbero di determinare la giurisdizione e di ottenere il riconoscimento delle decisioni da uno Stato all’altro, sulla base di una tacita proroga di competenza.

La pronuncia
Il ricorso è stato rigettato.
La Corte ha invero confermato che, a norma della legge n. 218/1995, non possono essere fatti valere, per la prima volta, nella fase di riconoscimento avanti al giudice italiano, i vizi che, se tempestivamente dedotti avanti al giudice straniero, avrebbero inficiato il giudizio. Ciò vale, a maggior ragione, anche in ordine al preteso difetto di “competenza giurisdizionale”, secondo i principi propri dell’ordinamento italiano, ai sensi dell’art. 64, primo comma, lett. a), trattandosi di materia derogabile, ai sensi dell’art. 4 (cfr. Cass. n. 21946/2015 e Cass. 8588/2003).
Ad avviso della Corte e contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, la Convenzione Italo-Russa non contiene disposizioni che interferiscano, deroghino o siano incompatibili con quelle della legge n. 218/1995 e della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, richiamata dall’art. 3, comma 2, della medesima legge.
Al riguardo, la Corte – dando seguito ad un proprio orientamento – ha ravvisato che la Convenzione Italo-Russa “non [è] assimilabile per struttura e funzionamento alla Convenzione di Bruxelles 27.9.1968, atteso che, al pari di numerose altre Convenzioni bilaterali, si limita a stabilire le condizioni di riconoscibilità delle sentenze emesse dall’uno e dall’altro giudice, attraverso regole di giurisdizione cd. indiretta […] destinate ad assumere rilievo proprio in sede di riconoscimento [delle decisioni prese]», con la conseguenza che «consentendo ai cittadini di ciascuna parte contraente di adìre i tribunali dell’altra parte “nella cui giurisdizione, in conformità con la legislazione di quest’ultima, rientrino cause civili [..]” ribadisce implicitamente la persistente operatività delle regole di diritto internazionale privato proprie della legislazione di ciascuna delle parti contraenti, che fissano le condizioni che consentono di evocare in giudizio in uno Stato cittadini ivi non domiciliati né residenti» (Cass. Sez. Un. n. 4494/ 2019 e Sez. Un. n. 9365/2003; cfr. da ultimo, Cass. 21351/21)”.
Pertanto, nel caso de quo, ove non si verte in una fattispecie di competenza esclusiva, opera e non può più essere contestata dalla parte debitrice la proroga tacita della competenza prevista dall’art. 18 della Convenzione di Bruxelles, in virtù del comportamento del convenuto, che – comparso nel processo in Russia – non ha eccepito il difetto di giurisdizione del giudice adito, neppure in via subordinata.
La lamentata violazione della normativa internazionale antiriciclaggio non può precludere il riconoscimento della decisione in Italia per asserita contrarietà all’ordine pubblico.
La Corte ha ritenuto non sindacabile dal giudice italiano la valutazione effettuata dal giudice moscovita, che aveva attribuito rilevanza probatoria alla quietanza sottoscritta dal cittadino russo, con la quale egli aveva dato atto di aver ricevuto la somma in prestito.
Il giudice italiano, in sede di delibazione, deve infatti verificare se siano stati rispettati i principi fondamentali dell’ordinamento italiano relativamente al procedimento formativo della decisione resa dal giudice straniero, a garanzia del diritto di resistere in giudizio e del contraddittorio (cfr., tra le altre, Cass. n. 3365/2000 e Cass. n. 13928/1999). Inoltre, deve considerare gli effetti della decisione nell’ordinamento italiano ma “non anche la conformità alla legge interna di quella straniera posta a base della decisione, né è consentito alcun sindacato sulla correttezza giuridica della soluzione adottata, essendo escluso il controllo contenutistico sul provvedimento di cui si chiede il riconoscimento” (cfr. Cass. Sez. U. n. 9006/21 e Cass. n. 39391/21).
Non determina, dunque, alcuna violazione dell’ordine pubblico italiano “la mera difformità rispetto all’ordinamento interno delle norme che nel sistema straniero disciplinano l’onere della prova e il libero convincimento del giudice”.

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