La riconoscibilità in Italia di una sentenza danese di condanna al pagamento di un’ammenda dovuta per omessi versamenti previdenziali

by Omar Vanin

Corte di Cassazione, sezione I^ civile, ordinanza 7 marzo 2023, n. 6723 – ECLI:IT:CASS:2023:6723CIV

Con ordinanza 7 marzo 2023, n. 6723, la Corte di cassazione si è espressa sulla riconoscibilità in Italia di una decisione del Tribunale del lavoro danese di condanna di una società italiana al pagamento di una ammenda dovuta in caso di omessi versamenti previdenziali (“BOD“) ad alcune associazioni sindacali danesi.

Il procedimento
La vicenda origina da una pronuncia con cui il Tribunale di Siracusa accoglieva l’opposizione al riconoscimento della decisione danese avanzata ai sensi dell’art. 45 del regolamento UE n. 1215/2012 concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (c.d. Bruxelles I bis). Il Tribunale affermava in motivazione che, in essenza, il carattere ultracompensativo del Bod qualificasse l’istituto quale vera e propria pena, violando i criteri formulati nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (c.d. criteri “Engel”) per verificare la compatibilità di una pena con i principi della CEDU.

Il giudice dell’appello riformava la decisione ed evidenziava come:

  • il Bod non afferisse alla materia penale, ma a quella contrattuale, per quanto la condanna assumesse anche una natura afflittiva, in uno a quella compensativa, rendendola un danno punitivo
  • la condanna si conformasse ai requisiti di prevedibilità e proporzionalità già fissati nella giurisprudenza della cassazione la verifica della compatibilità della decisione straniera con l’ordine pubblico italiano
  • il denunciato omesso rinvio pregiudiziale interpretativo alla Corte dei giustizia dell’Unione europea da parte del Tribunale del Lavoro danese (chiesto dalla parte che si opponeva al riconoscimento) non integrasse una violazione dell’ordine pubblico, in quanto rimessa alla discrezionalità del giudice dello Stato di origine

Dichiarava inoltre inammissibile il motivo di appello legato alla possibile carenza di terzietà del Tribunale del Lavoro danese, in quanto mai avanzato in primo grado. La vicenda giungeva quindi in cassazione.


La pronuncia
La Corte di cassazione esordisce trattando dapprima la pretesa carenza di terzietà del Tribunale del Lavoro danese. La Suprema Corte riconosce che tale situazione potrebbe integrare una violazione dell’ordine pubblico c.d. processuale, evocando il precedente della Corte di giustizia dell’Unione europea nella sentenza Gambazzi. La stessa Corte osserva però che due argomenti almeno minano le fondamenta di tale censura, ossia:

  • i motivi ostativi al riconoscimento della decisione tassativamente fissati dal regolamento  Bruxelles I bis all’art. 45 non sono rilevabili d’ufficio, nemmeno quando si tratta di far valere l’incompatibilità della decisione con l’ordine pubblico dello Stato richiesto. La Corte ne trae che il ricorrente avrebbe dovuto sollevare la questione ritualmente nel giudizio di opposizione in primo grado, non già quale motivo di appello della decisione resa sull’opposizione.
  • In ogni caso, non contrasterebbe con l’ordine pubblico la circostanza per cui le associazioni sindacali in causa abbiano partecipato al processo di designazione dei giudici assegnati al Tribunale del Lavoro. Osserva sul punto la Corte di cassazione come “costituisca una tradizione non isolata quella che, nei vari ordinamenti nazionali, contempla la possibilità, in materie specialistiche, di corti con funzioni giurisdizionali a composizione mista”.

La Cassazione passa quindi ad esaminare la rilevanza dell’omesso rinvio pregiudiziale interpretativo da parte del giudice dello Stato di origine. La Corte risponde evidenziando che la giurisprudenza della Corte EDU esclude che l’omesso rinvio pregiudiziale – anche quando dovuto – integri una violazione del giusto processo (citando i casi Ullens de Schooten and Rezabek c. Belgio) “a condizione che il rifiuto sia motivato”. Osserva poi che la stessa Corte di giustizia, nel caso Diageo Brands, ha affermato che “il fatto che una decisione emessa in uno Stato membro sia contraria al diritto dell’Unione non giustifica che tale decisione non venga riconosciuta in un altro Stato membro sulla base del rilievo che essa viola l’ordine pubblico […] qualora l’errore di diritto invocato non costituisca una violazione manifesta di una norma […] essenziale nell’ordinamento giuridico dell’Unione”. Reputato che il giudice danese avesse adeguatamente motivato il rifiuto di rinviare alla Corte di giustizia la questione pregiudiziale interpretativa attinente al diritto danese, la Cassazione esclude che tale circostanza mini l’ordine pubblico italiano.

Quanto alla natura del Bod oggetto della decisione straniera, la Corte di cassazione ne esclude la natura penale, aderendo alla posizione espressa dal giudice dell’appello di una misura civile con effetti anche afflittivi. Ricordato come la giurisprudenza di legittimità abbia già avallato la compatibilità con l’ordine pubblico italiano di condanne pecuniarie a finalità ulteriori rispetto a quella compensativa (Cass. 5 luglio 2017, n. 16601), alla Corte non rimane che verificare, con esito positivo, se il Bod del caso di specie risponde ai criteri di prevedibilità e proporzionalità.

Escluso in ultimo che la carenza di un doppio grado di giurisdizione nell’ordinamento di origine violi l’ordine pubblico processuale italiano, la Corte di cassazione respinge il ricorso e conferma la sentenza di appello.

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