Legittimo il rifiuto dell’ufficiale di stato civile di ricevere il riconoscimento del genitore intenzionale

by Renzo Calvigioni

Corte di cassazione, ordinanza 8 gennaio 2024, n. 511

In data 8 gennaio 2024, la Corte di cassazione, con ordinanza n. 511, ha ribadito che l’ufficiale di stato civile non può ricevere la dichiarazione del genitore intenzionale volta a stabilire un rapporto di filiazione.

I fatti
Nel 2016, due donne unite civilmente (una di cittadinanza statunitense e una italiana) chiedono all’ufficiale di stato civile di Pisa di ricevere la dichiarazione di nascita con l’attribuzione della genitorialità di entrambe: l’atto viene formato con l’indicazione della sola madre partoriente, rifiutando l’ufficiale di stato civile l’indicazione della seconda madre, in quanto non consentito dalle disposizioni vigenti. Tale rifiuto dell’ufficiale di stato civile viene impugnato con ricorso dinanzi al Tribunale di Pisa, il quale solleva una questione di legittimità costituzionale che viene dichiarata inammissibile dalla Corte costituzionale con sentenza n. 237 del 15 novembre 2019, che precisa tuttavia che “… la successiva legge 20 maggio 2016, n. 76 recante regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze, che – pur riconoscendo la dignità sociale e giuridica delle coppie formate da persone dello stesso sesso – non consente, comunque, la filiazione, sia adottiva che per fecondazione assistita, in loro favore.” Il tribunale di Pisa, riassunto il giudizio, conferma la legittimità del rifiuto dell’ufficiale di stato civile e rigetta il ricorso. Tale decisione viene ribaltata dalla Corte di appello di Firenze, che accoglie il ricorso disponendo il riconoscimento della filiazione da parte della madre intenzionale: contro tale sentenza viene proposto ricorso in Cassazione da parte del sindaco di Pisa e del Ministero dell’interno.

La decisione
La Corte chiarisce dapprima che si tratta di un procedimento che rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 95, co. 1, del d.P.R. n. 396/2000, ricordando che i registri di stato civile hanno funzione probatoria privilegiata prevista dall’art. 451 c.c., ma non costitutiva dello status cui i fatti risultano in essi registrati. Su tale aspetto, sulle funzioni e limiti dell’ufficiale di stato civile, vengono fornite chiare e dettagliate indicazioni, prima distinguendo gli atti iscritti, cioè quelli formati direttamente dall’ufficiale dello stato civile, esclusivamente nel rispetto del diritto italiano, dagli atti trascritti, cioè quelli provenienti dall’estero che consistono nella registrazione di atti formati da autorità straniere, nel rispetto della legge del luogo. Di seguito, la Corte richiama le norme dell’ordinamento di stato civile per sottolineare limiti all’attività dell’ufficiale di stato civile, il quale “non può enunciare, negli atti di cui è richiesto, dichiarazioni e indicazioni diverse da quelle che sono stabilite e permesse da ciascun atto”, trattandosi di atti che sono formati con una modalità di redazione a contenuto vincolato, con l’esclusione di qualsiasi discrezionalità operativa, precisando che in tale contesto “va valutata la legittimità del rifiuto opposto dall’Ufficiale di stato civile, con riferimento, cioè alla normativa a cui lo stesso è tenuto a dare attuazione, senza discrezionalità operativa”.
Si tratta di indicazione che la stessa Corte aveva già fornito in precedenti decisioni (Cass. decisioni 3 aprile 2020, n. 7668, 22 aprile 2020, n. 8029, 25 febbraio 2022, n. 6383, ma con maggiore chiarezza nell’ordinanza n. 7413/2022, relativa ad un atto formato dall’ufficiale di stato civile con l’indicazione della doppia maternità), ma che nell’ordinanza in esame vengono rimarcate al fine di confermare la legittimità del rifiuto in origine opposto dall’ufficiale dello stato civile, il quale, in base alle disposizioni che disciplinano le proprie competenze, non può formare o ricevere atti che quelle stesse disposizioni non consentono: svolge attività vincolata perfino all’osservanza delle circolari (si veda: Consiglio di Stato sentenze n. 4478/2016, n. 5047/2016, n. 5048/2016; Cass. n. 11696/2018), priva di qualsiasi discrezionalità. La Corte riconosce poi che trattandosi di formazione di un atto di nascita in Italia e di un riconoscimento di filiazione da parte di madre italiana, la legislazione applicabile fosse esclusivamente quella italiana, escludendo il richiamo agli artt. 33 o 35 della legge n. 218/1995: al contrario, tale normativa, nell’accoglimento del ricorso, era stata invocata dalla Corte di Appello, erroneamente, come sottolineato dalla stessa Cassazione. In conclusione, la decisione impugnata viene cassata, rigettando l’originaria domanda di riconoscimento da parte del genitore intenzionale, confermando la piena legittimità del rifiuto dell’ufficiale di stato civile.
La decisione della Corte di cassazione conferma l’orientamento costantemente ripetuto in tutte le occasioni in cui abbia affrontato il caso della formazione di un atto di nascita e/o riconoscimento di filiazione in Italia: dal 2016 ad oggi, la Corte si è sempre pronunciata negativamente, sia confermando la legittimità del rifiuto opposto dall’ufficiale di stato civile, sia annullando l’eventuale riconoscimento quando fosse stato ricevuto (oltre a quelle sopra citate, si possono ricordare le decisioni n. 23320/2021, n. 23321/2021, 10844/2022, n. 22179/2022, n. 23527/2023). Si tratta di una posizione granitica, che appare talmente consolidata da non lasciare spazio ad interpretazione diverse.

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