La Corte EDU sull’incidenza dei mutamenti normativi in materia successoria sui diritti fondamentali della persona

by Daniele Muritano

Corte europea dei diritti dell’uomo, sentenza 15 febbraio 2024, ricorso n. 14157/18, Jarre v. Francia

Il caso “Jarre c. Francia”, deciso dalla Corte europea dei diritti dell’uomo con sentenza del 15 febbraio 2024 e riguardante l’eredità di Maurice Jarre, un musicista e compositore francese, costituisce l’ultimo atto di una controversia iniziata nel 2009, relativo alla protezione del diritto di proprietà in ambito successorio.

Fatti e procedimento

Maurice Jarre, dopo essersi trasferito negli Stati Uniti e aver costituito un trust, escluse i propri figli, nati da precedenti matrimoni in Francia, dalla propria eredità, che venne attribuita alla sua ultima moglie attraverso il trust.

Dopo la morte del padre, avvenuta nel 2009, i figli agiscono in giudizio in Francia, invocando l’applicabilità dell’art. 2 legge del 14 luglio 1819 relativa al sistema del “droit d’aubaine et de détraction“, che fino a quel momento aveva conferito agli eredi francesi esclusi da un’eredità regolata da una legge straniera un diritto di prelievo compensativo sui beni siti in Francia (una norma simile è stata reintrodotta nel 2021, con la modifica degli artt. 913 e 921 del code civil francese).

Inizialmente il Tribunale di Nanterre concede il sequestro delle royalties di Maurice Jarre e di alcuni beni ereditari al fine di proteggere i presunti diritti dei figli.

In corso di causa, con una decisione del 5 agosto 2011, la Corte costituzionale francese dichiara l’art. 2 della legge del 1819 contrario alla Costituzione, a causa della disparità di trattamento tra gli eredi francesi e quelli aventi altra nazionalità. L’abrogazione produce effetti retroattivi, non avendo la Corte fatto uso del potere di modulare gli effetti temporali dell’abrogazione medesima, con conseguente disapplicazione nel processo iniziato dagli eredi Jarre.

I giudici francesi decidono che alla successione di Maurice Jarre è applicabile la legge californiana, che non riconosce la quota di riserva dei figli e che per effetto della decisione della Corte costituzionale del 2011 il diritto di prelievo non è invocabile.

I figli sollevano l’eccezione della contrarietà all’ordine pubblico internazionale della loro esclusione dalla successione – la cui applicazione è fatta salva dall’art. 35 del regolamento UE n. 650/2012 relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni e all’accettazione e all’esecuzione degli atti pubblici in materia di successioni – ma essa non è accolta in tutti i gradi di giudizio.

Esauriti i rimedi giudiziari interni, i figli ricorrono alla Corte europea dei diritti umani, chiedendo che venga accertata la violazione dell’art. 1 del Protocollo addizionale n. 1 alla CEDU (protezione della proprietà) e dell’art. 6, par. 1 (diritto a un processo equo) della Convenzione europea dei diritti umani, in particolare in ragione dell’applicazione retroattiva dell’abrogazione del diritto di prelievo compensativo disposta dalla sentenza della Corte costituzionale.

Il giudizio della Corte

La Corte EDU, pur riconoscendo che i mutamenti legislativi (tale, in sostanza, è la dichiarazione di incostituzionalità di una legge) possono creare situazioni di ingiustizia, ha ritenuto non violati i due articoli della Convenzione.

Il caso coinvolge diverse questioni relative alla legge e al diritto applicabili a una successione con elementi di internazionalità.

Riguardo alla legge applicabile la Corte di cassazione francese ha ritenuto che la successione di Maurice Jarre fosse regolata dalla legge californiana, che consente una piena libertà testamentaria, rispetto al diritto francese, che invece garantisce la quota di riserva in favore dei figli.

La Cassazione francese ha inoltre ritenuto che non vi fossero argomenti sufficienti per ritenere la legge californiana contraria all’ordine pubblico internazionale, considerato che – tra l’altro – i figli non si trovavano in una situazione di bisogno economico.

Infine, ha sottolineato l’importanza dell’autonomia della volontà nella scelta del proprio regime successorio, in particolare nei casi in cui il de cuius ha legami con più giurisdizioni.

La decisione della Corte EDU si fonda, in sintesi, sulle seguenti considerazioni:

Riguardo alla presunta violazione dell’art. 1 del Protocollo addizionale n. 1 alla CEDU, la Corte ha dovuto anzitutto considerare, ai fini dell’ammissibilità del ricorso, se i figli di Maurice Jarre fossero titolari di un “bene” ai sensi della Convenzione, che nel loro caso sarebbe stata la presunta quota di riserva.

La Corte ha ritenuto che i figli, pur non essendo titolari di un diritto concreto a una quota dell’eredità avessero comunque la “legittima aspettativa” di ottenere beni ereditari e che tale aspettativa rientrasse nella nozione di “proprietà” ai sensi dell’art. 1 del Protocollo n. 1.

Nel merito, dopo avere ha ricordato che l’art. 1 del Protocollo addizionale consente un’ingerenza dello Stato nell’esercizio del diritto di proprietà purché essa sia giustificata alla luce dei principi di “legalità”, “interesse pubblico” e “proporzionalità”, ha ritenuto non violati tali principi.

L’abrogazione dell’art. 2 della legge del 1819 è stata ritenuta rispettosa del principio di legalità in quanto prevista dall’art. 62 della Costituzione francese nonché del principio dell’interesse pubblico in quanto volta a eliminare una norma discriminatoria.

Riguardo al principio di proporzionalità, la Corte EDU ha anzitutto riconosciuto che gli Stati hanno un ampio margine di apprezzamento sia nella scelta delle modalità di attuazione delle misure sia nel garantire che esse siano proporzionate allo scopo perseguito.

Ha poi considerato che i ricorrenti non avevano ottenuto il riconoscimento di un diritto prima dell’abrogazione dell’art. 2 della legge del 1819 e che, in ogni caso, i giudici francesi hanno ritenuto infondata l’eccezione dell’ordine pubblico internazionale, limitandosi ad applicare la legge in modo non arbitrario.

Alla luce del fatto che il diritto generale e incondizionato dei figli a ereditare una parte dei beni dei genitori non fa parte dell’ordine pubblico internazionale francese e che i figli medesimi, nel caso di specie, non si trovavano in una situazione di difficoltà economica o di bisogno la Corte EDU ha quindi ritenuto non sproporzionata l’applicazione immediata della decisione della Corte costituzionale e rispettosa del giusto equilibrio tra l’interesse pubblico e l’interesse privato.

Invece, riguardo alla presunta violazione dell’art. 6, par. 1, della CEDU la Corte ha ritenuto in primo luogo (richiamando sue pronunce) che le esigenze di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento dei singoli non implicano il diritto a una giurisprudenza consolidata.

L’evoluzione della giurisprudenza non è di per sé contraria alla corretta amministrazione della giustizia. L’approccio all’interpretazione delle disposizioni di legge deve essere dinamico ed evolutivo.

La situazione dei ricorrenti, inoltre, non era stata definitivamente risolta al momento in cui la Corte costituzionale ha abrogato il diritto di prelievo, non avendo essi ottenuto il riconoscimento di alcun diritto.

Il mutamento della soluzione giuridica conseguente all’esercizio di un rimedio previsto dalla legge, ossia la dichiarazione di incostituzionalità, non ha pertanto messo in discussione diritti definitivamente acquisiti da parte dei ricorrenti.

La retroattività degli effetti della dichiarazione di incostituzionalità, pertanto, non costituisce interferenza del legislatore nell’amministrazione della giustizia al fine di influenzare l’esito giudiziario di una controversia in corso.

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