Violazioni dei diritti della personalità tramite internet: il titolo di giurisdizione del centro degli interessi della vittima opera solo se questa risulta identificabile dal contenuto lesivo

di Curzio Fossati

Corte di giustizia UE, sentenza 17 giugno 2021, causa C-800/19, Mittelbayerischer Verlag KG c. SM – ECLI:EU:C:2021:489

Con sentenza 17 giugno 2021 (causa C-800/19), la Corte di giustizia ha fornito importanti precisazioni sulla competenza del foro del “centro di interessi della vittima”, individuato nei propri precedenti quale luogo in cui si concretizza l’evento dannoso di cui all’art. 7, n. 2 del regolamento n. 1215/2012 sulla competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni (“Bruxelles I bis”) in caso di violazione dei diritti delle personalità a mezzo internet (si vedano: Corte di giustizia, sentenza 25 ottobre 2011, cause riunite C-509/09 e C-161/2010, eDate Advertising e a. e sentenza 7 ottobre 2017, Bolagsupplysningen e Ilsjan, causa C‑194/16). In particolare, la Corte è stata chiamata a valutare l’applicabilità del suddetto titolo di giurisdizione nell’ipotesi in cui un soggetto lamenti la lesione dei propri diritti all’identità e alla dignità nazionali da parte di uno scritto pubblicato su internet che non si riferisca direttamente alla sua persona, ma offenda l’intera collettività nazionale a cui lo stesso appartiene.

Procedimento principale

Un cittadino polacco ha convenuto in giudizio davanti al Tribunale regionale di Varsavia la società tedesca Mittelbayerischer Verlag ch, accusandola di aver violato i propri diritti all’identità e alla dignità nazionali tramite la pubblicazione su internet di un articolo (redatto in lingua tedesca, ma accessibile anche in Polonia) asseritamente offensivo della nazione polacca. In tale contributo, infatti, si definiva “campo di sterminio polacco” un campo di concentramento nazista, sito nel territorio dell’attuale Polonia (all’epoca occupata dalla Germania), con il rischio di ingenerare nei lettori l’errato convincimento che i crimini ivi commessi dai soldati tedeschi fossero stati invece perpetrati dal popolo polacco. La società convenuta si è costituita in giudizio contestando la competenza giurisdizionale del giudice di Varsavia, scelto dall’attore quale autorità giurisdizionale del centro dei propri interessi, seguendo l’insegnamento fornito dalla Corte nella sentenza eDate: secondo la convenuta tale foro non avrebbe potuto essere competente in un caso, come quello di specie, in cui il contenuto asseritamente lesivo non si riferisce direttamente alla persona dell’attore. A seguito di tale contestazione – rigettata in primo grado e riproposta in appello – il giudice a quo ha effettuato rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia, chiedendo chiarimenti in ordine all’applicabilità del titolo di giurisdizione in questione rispetto al caso oggetto del giudizio.

La decisione

La Corte ricorda innanzitutto che i fori speciali previsti dall’art. 7 del regolamento Bruxelles I bis – e, fra questi, anche il foro dell’illecito – sono stati individuati dal legislatore dell’Unione europea sulla base dell’esistenza di un collegamento stretto tra gli stessi e la controversia, al fine di garantire la certezza del diritto ed evitare che il convenuto sia citato davanti ad una autorità giudiziaria dal medesimo non ragionevolmente prevedibile. La Corte richiama poi i propri precedenti eDate e Ilsjan, nei quali la disposizione sul foro dell’illecito è stata interpretata nel senso che, in caso di asserita violazione dei diritti della personalità a mezzo internet, la persona che si ritiene offesa ha la facoltà di domandare il risarcimento della totalità del danno subìto davanti ai giudici del luogo in cui si trova il centro dei propri interessi. Negli stessi precedenti si è affermato che tale foro è sufficientemente prevedibile da parte del convenuto, poiché quest’ultimo, in quanto autore dell’informazione lesiva, è ragionevolmente in grado di conoscere il centro di interessi del soggetto cui tale informazione si riferisce. La Corte, nella sentenza in commento, aggiunge l’importante precisazione per cui il foro in questione è effettivamente prevedibile da parte del convenuto solo se la pubblicazione lesiva menzionava o comunque faceva riferimento indiretto al soggetto che ha agito in giudizio. La Corte afferma, quindi, che colui che si ritiene offeso da un contenuto diffuso in rete può agire presso il foro del centro dei propri interessi solo se dal medesimo contenuto risultino elementi oggettivi e verificabili che consentano di identificarlo, in via diretta o indiretta, quale individuo e non solamente come membro di un gruppo. Con riferimento al caso oggetto del giudizio, la Corte conclude che, dal momento che il testo dell’articolo pubblicato in rete dalla società convenuta, riferendosi genericamente al popolo polacco, non consentiva di identificare specificamente la persona dell’attore, questi non può avvalersi del foro del centro dei suoi interessi.

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