La Cassazione sul ripudio iraniano e sul controllo di compatibilità in concreto con l’ordine pubblico della decisione straniera

by Omar Vanin

Cass., sez. I civ., ordinanza 14 agosto 2020, n. 17170 – ECLI:CASS:2020:14170CIV

La Corte di cassazione, con ordinanza 14 agosto 2020, n. 17170, pronunciandosi sulla riconoscibilità di una sentenza iraniana di divorzio per effetto del ripudio da parte del marito, ha ribadito i presupposti che innescano il limite dell’ordine pubblico e negano ingresso in Italia ai provvedimenti stranieri.

I fatti

L’Ufficiale dello stato civile di Bari trascriveva nei registri una sentenza iraniana che aveva dichiarato lo scioglimento del matrimonio di una coppia per effetto del ripudio della moglie esercitato dal marito. Su ricorso della moglie ai sensi dell’art. 67 della legge 31 maggio 1995, n. 218, la Corte d’appello ordinava all’Ufficiale dello stato civile la cancellazione della trascrizione del provvedimento per contrarietà all’ordine pubblico, poiché la legge iraniana – in essenza – rimette lo scioglimento del vincolo alla sola e arbitraria volontà del marito. Il marito ricorreva per cassazione lamentando – tra l’altro – la violazione dell’art. 64, comma1, lett. g), della legge n. 218/1995, in quanto la Corte d’appello aveva giudicato l’incompatibilità della pronuncia iraniana con l’ordine pubblico solo sulla base della normativa iraniana in tema di matrimonio, trascurando le circostanze connotavano in concreto la fattispecie.

La pronuncia

Nell’accogliere il ricorso, la Cassazione – confermando l’orientamento sancito poco prima con la pronuncia sentenza 7 agosto 2020, n. 16804 (già oggetto di un precedente post) – ribadisce i valori dell’eguaglianza dei coniugi e del diritto di difesa, quali canoni di ordine pubblico. Osserva la Corte, tuttavia, che la mera contrapposizione tra i valori essenziali dell’ordinamento italiano e il contenuto astratto della decisione straniera non è sufficiente per impedire il riconoscimento della decisione. Occorre, piuttosto, sincerarsi che gli effetti concreti determinati dall’ipotetico riconoscimento del provvedimento si porrebbero in evidente contrasto con l’ordine pubblico. La Corte di appello, allora, ha errato nel “ritenere che, per il fatto, in particolare, di riconoscere una condizione di privilegio del marito rispetto alla moglie, posto che il primo può divorziare dalla seconda senza che questa ne possa “paralizzare” la volontà, il divorzio iraniano realizzi un modello giuridico inconciliabile con le ‘regole inderogabili e fondamentali immanenti ai più importanti istituti giuridici nazionali’’”.

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