Il trasferimento del minore in ottemperanza di una decisione adottata ai sensi del regolamento n. 604/203 (Dublino III) non è illecito e non costituisce sottrazione internazionale di minori

by Francesca Maoli

Corte di giustizia UE, sentenza 2 agosto 2021, causa C-262/21 PPU, A c. B – ECLI:EU:C:2021:640

Con sentenza 2 agosto 2021 (causa C-262/21), la Corte di giustizia si è pronunciata su alcune disposizioni del regolamento n. 2201/2003, relative ai casi di sottrazione internazionale di minori, nonché sul rapporto tra il regolamento in questione e il regolamento n. 604/2013 (Dublino III) in materia di protezione internazionale. La Corte ha stabilito che il trasferimento di un minore da uno Stato membro ad un altro Stato membro, senza il consenso di uno dei genitori ma in esecuzione di una decisione di trasferimento adottata dal primo Stato membro sulla base del regolamento n. 604/2013, non può costituire un trasferimento illecito o un mancato ritorno illecito ai sensi dell’art. 2, punto 11, del regolamento n. 2201/2003.

I fatti

Il procedimento principale riguarda una coppia di cittadini di uno Stato terzo che, dopo un periodo di residenza in Finlandia, si erano trasferiti in Svezia. Alcuni anni dopo, nel settembre 2019, la coppia aveva dato alla luce un figlio. La madre era titolare di un permesso di soggiorno per motivi familiari sia in Finlandia che in Svezia, entrambi rilasciati per motivi familiari sulla base del titolo di soggiorno concesso al padre in qualità di lavoratore subordinato.
A seguito di atti di violenza del padre nei confronti della madre ed in presenza del figlio minore, le autorità svedesi avevano preso in carico quest’ultimo e disposto il trasferimento insieme alla madre in una casa di accoglienza. Nell’agosto del 2020, la madre aveva presentato una domanda di asilo in Svezia per se stessa e per il figlio, per evitare il ritorno nel paese di origine ed i conseguenti rischi derivanti dalle violenze che avrebbero potuto subire da parte della famiglia del padre. Tuttavia, le autorità finlandesi si erano dichiarate competenti ad esaminare le domande di asilo, a norma dell’art. 12, par. 3, del regolamento n. 604/2013, per il motivo che la scadenza del titolo di soggiorno rilasciato alla madre dalla Repubblica di Finlandia (27 dicembre 2021) era più lontana di quella del titolo di soggiorno rilasciato dal Regno di Svezia (16 settembre 2020). Per tale ragione, e sulla base di una espressa valutazione del superiore interesse del minore, le autorità svedesi avevano ordinato il trasferimento della madre e del figlio minore in Finlandia. La madre aveva ottemperato volontariamente a tale provvedimento nel novembre 2020.
Nel dicembre 2020, il padre aveva presentato dinanzi alla Corte d’appello di Helsinki una domanda di rimpatrio immediato del figlio minore in Svezia, ai sensi della Convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori e del regolamento n. 2201/2003. A seguito del rigetto della domanda da parte della Corte d’Appello e della conseguente impugnazione dinanzi alla Corte Suprema di Helsinki, quest’ultima aveva deciso di sospendere il procedimento e di chiedere (attraverso una complessa domanda articolata in cinque questioni) alla Corte di Giustizia una pronuncia in via pregiudiziale. In particolare, la Corte Suprema si chiedeva se il trasferimento del minore in Finlandia potesse essere considerato “illecito” in base alla definizione fornita dall’art. 2, punto 11, del regolamento n. 2201/2003.

La pronuncia

La Corte di giustizia richiama, innanzitutto, il campo di applicazione ratione materiae del regolamento n. 2201/2003, affermando che la domanda del padre volta ad ottenere il rimpatrio immediato del figlio minore in Svezia, presentata ai sensi della Convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980, rientra senz’altro nella materia della responsabilità genitoriale (definita dall’art. 2, punto 7 del regolamento come l’insieme dei “diritti e doveri di cui è investita una persona fisica o giuridica in virtù di una decisione giudiziaria, della legge o di un accordo in vigore riguardanti la persona o i beni di un minore. Il termine comprende, in particolare, il diritto di affidamento e il diritto di visita”).
Nonostante l’applicabilità della disciplina eurounitaria, le circostanze specifiche del caso di specie impongono una valutazione circa la liceità o meno del trasferimento del minore in Finlandia, sulla base della definizione fornita dall’art. 2, punto 11, del regolamento n. 2201/2003: ai sensi della citata disposizione, il trasferimento (o il mancato rientro) di un minore è illecito quando esso avviene in violazione dei diritti di affidamento attribuiti in forza del diritto dello Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale, essendo inoltre necessario che il diritto di affidamento fosse effettivamente esercitato al momento del trasferimento (o che lo sarebbe stato se quest’ultimo non avesse avuto luogo).
Orbene, la Corte di giustizia afferma che un trasferimento come quello del caso di specie, attuato dalla madre in ottemperanza di un ordine emesso da una autorità nazionale, non soddisfa il primo dei summenzionati requisiti e non può pertanto essere qualificato come “illecito”. Infatti, nelle circostanze in esame, la madre si era ritrovata a dover portare il figlio dal suo Stato di residenza abituale (la Svezia) in un altro Stato membro (la Finlandia) in esecuzione di una decisione di trasferimento adottata dal primo Stato membro sulla base del regolamento n. 604/2013. Invero, l’osservanza di un provvedimento emesso dalle autorità competenti in base al regolamento da ultimo citato non può, per definizione, essere considerata “illecita”. Una interpretazione di questo tipo – come giustamente osserva la Corte di Giustizia – porrebbe significativi problemi di coordinamento tra i due strumenti in gioco (il regolamento n. 2201/2003 ed il regolamento n. 604/2013), pregiudicando il principio di certezza del diritto nonché la realizzazione degli obiettivi della disciplina eurounitaria.
Alla luce delle considerazioni che precedono, la Corte afferma che l’art. 2, punto 11, del regolamento n. 2201/2003 deve essere interpretato nel senso che non può costituire un trasferimento illecito o un mancato ritorno illecito la situazione in cui uno dei genitori, senza il consenso dell’altro genitore, si trova a dover portare il figlio dal suo Stato di residenza abituale in un altro Stato membro in esecuzione di una decisione di trasferimento adottata dal primo Stato membro sulla base del regolamento n. 604/2013.

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