Legge applicabile al credito alimentare: l’illecito trattenimento di un minore in uno Stato membro non preclude, in linea di principio, il trasferimento della residenza abituale nel territorio di tale Stato

by Francesca Maoli

Corte di giustizia UE, sentenza 12 maggio 2022, causa C-644/20, W.J. c. L.J. e J.J. – ECLI:EU:C:2022:371

Con la sentenza 12 maggio 2022 (causa C-644/20), la Corte di giustizia si è pronunciata sulla determinazione della legge applicabile ad un credito alimentare a beneficio di un soggetto minorenne, ai sensi dell’art. 3 del Protocollo dell’Aja del 23 novembre 2007, nell’ipotesi di trattenimento illecito nel territorio di uno Stato membro. La Corte ha stabilito che, in linea di principio, l’illecito trasferimento o trattenimento di un minore in uno Stato membro non osta a che quest’ultimo acquisisca la propria residenza abituale in tale Stato. L’accertamento della residenza abituale, che opera su base fattuale, non è condizionato dalla mera esistenza di un provvedimento che ordina il rimpatrio, emesso da uno Stato membro ai sensi della Convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori.

I fatti

Il procedimento principale riguarda due bambini, figli di una coppia di cittadini polacchi residenti stabilmente nel Regno Unito. Nel 2017, la madre aveva condotto con sé i figli in Polonia, senza tuttavia fare ritorno al termine del periodo concordato con il padre. Da qui l’instaurazione di due distinti procedimenti dinanzi ai tribunali polacchi: l’uno, proposto dalla madre in rappresentanza dei figli, volto ad ottenere la condanna del padre al pagamento di un assegno mensile di mantenimento; l’altro, proposto dal padre, con il quale si chiedeva al giudice di accertare l’illiceità del trattenimento e di ordinare l’immediato rimpatrio dei due minori nel Regno Unito.

Con sentenza dell’11 aprile 2019, il Sąd Rejonowy (Tribunale circondariale) di Piła condannava il padre al pagamento del credito alimentare. Il 24 maggio 2019 il Sąd Okręgowy (Tribunale regionale) di Poznań ordinava il rimpatrio dei due minori nel Regno Unito presso il padre, ai sensi della Convenzione dell’Aja del 1980. Tuttavia, la sentenza non era stata eseguita, poiché non era stato possibile individuare il luogo in cui si trovavano i bambini.

Nell’impugnare la sentenza che lo condannava a corrispondere la somma mensile di mantenimento, il padre deduceva un errore di valutazione dei fatti, in quanto la sentenza con cui si ordinava il ritorno dei minori nel Regno Unito avrebbe reso ingiustificato il pagamento del credito alimentare.

A fronte delle peculiarità di fatto e di diritto che caratterizzavano la fattispecie, il giudice dell’appello si è interrogato circa la corretta individuazione della legge applicabile al credito alimentare, ai sensi dell’art. 3, par. 2, del Protocollo dell’Aja del 2007. In particolare, si decideva di sottoporre alla Corte di giustizia la seguente domanda in rinvio pregiudiziale: “Se l’articolo 3, paragrafi 1 e 2, del protocollo dell’Aia (…), debba essere interpretato nel senso che un creditore minorenne [di alimenti] può acquisire una nuova residenza abituale nello Stato in cui è stato trattenuto illecitamente, nel caso di emissione da parte del giudice di un ordine di ritorno del creditore nello Stato in cui risiedeva abitualmente immediatamente prima dell’illecito mancato rientro”.

La pronuncia

Il quesito proposto dal giudice polacco riguarda l’interpretazione dell’art. 3, paragrafo 1, del Protocollo dell’Aja del 2007, a mente del quale la legge applicabile alle obbligazioni alimentari è, salvo disposizioni contrarie, quella dello Stato di residenza abituale del creditore di alimenti. La Corte di giustizia rileva che la domanda proposta dal giudice del rinvio riguarda, essenzialmente, il peso da attribuire ad una decisione di rimpatrio – emessa dalle autorità giurisdizionali di uno Stato membro ai sensi della Convenzione dell’Aja del 1980 – nel quadro della determinazione della residenza abituale (la quale, nel caso di specie, riguarda due soggetti minorenni). La Corte conclude nel senso che l’ordine di immediato rientro non è, di per sé, idoneo ad impedire che un minore acquisisca (successivamente al trasferimento o al trattenimento illecito) la propria residenza abituale in tale Stato.

A sostegno della propria conclusione, la Corte osserva che, da un lato, l’art. 3, par. 2 del Protocollo dell’Aja del 2007 impone di tenere conto di eventuali cambiamenti di residenza abituale del creditore di alimenti: in tal caso, infatti, si applica la legge dello Stato della nuova residenza abituale, dal momento del cambiamento. Dall’altro lato, il Protocollo non contiene una espressa definizione del concetto di residenza abituale, essendo necessario procedere, come di consueto, ad una interpretazione autonoma ed uniforme alla luce del contesto delle disposizioni e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui trattasi. Orbene, nella sentenza in commento la Corte di giustizia conferma l’adesione ad una nozione “fattuale” di residenza abituale, da identificarsi con il luogo in cui si trova il centro della vita di un soggetto, con particolare attenzione nei confronti del suo ambiente familiare e sociale e sulla base del complesso delle peculiari circostanze fattuali del caso di specie. Qualora si tratti di un minore, occorre prendere in debita considerazione il suo superiore interesse, che coincide sostanzialmente – nella materia di cui trattasi – con la possibilità che egli benefici di risorse sufficienti in considerazione dell’ambiente in cui si trova a vivere.

In questo contesto, il trattenimento illecito del creditore di alimenti minorenne nel territorio di uno Stato membro non è idoneo a precludere il trasferimento della sua residenza abituale in tale paese. L’art. 3 del Protocollo dell’Aja del 2007 impone di tenere sempre in considerazione, senza alcuna eccezione, il cambiamento di residenza abituale, in modo da “preservare il criterio di collegamento del creditore di alimenti con il luogo in cui egli si trova concretamente a vivere” (para. 69 della sentenza in commento). Ciò persegue l’interesse superiore del minore, in quanto “consente al giudice adito di determinare le risorse di cui il minore ha bisogno tenendo conto al meglio dell’ambiente familiare e sociale nel quale si trova abitualmente a svilupparsi” (ibidem). Al contrario, attribuire ad una decisione di rimpatrio un effetto preclusivo automatico sarebbe contrario al superiore interesse del minore, perché impedirebbe al giudice di tenere conto dell’esistenza di una stabile residenza in un determinato Stato.

Da ultimo, la Corte si preoccupa di sottolineare che, in determinati casi, è effettivamente possibile che l’illiceità del trasferimento sia idonea a inficiare la stabilità del trasferimento di residenza. Tuttavia, tale circostanza deve essere esaminata dal giudice alla luce di tutti gli elementi che caratterizzano la fattispecie concreta, sulla base di un accertamento della residenza abituale che assume (in ogni caso) carattere fattuale. In tal caso, precisa che “in linea di principio, il momento in cui tale giudice deve concretamente porsi per valutare il luogo in cui si trova la residenza abituale di tale creditore, al fine di individuare la legge applicabile alle obbligazioni alimentari di cui trattasi, è il momento in cui occorre statuire sulla domanda di alimenti”.  

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