Le Sezioni Unite sulla competenza giurisdizionale nel caso di azione di garanzia proposta in via autonoma e (ancora) sulla natura del rinvio alla Convenzione di Bruxelles del 1968 dell’art. 3 della legge n. 218/1995

di Marco Farina

Cass., sez. un., sentenza 8 gennaio 2024, n. 613

Con sentenza dell’8 gennaio 2024, n. 613, la Corte di cassazione, a Sezioni Unite, accogliendo un motivo di ricorso per cassazione formulato ai sensi dell’art. 360, n. 1, c.p.c., ha risolto la questione (ritenuta di particolare rilevanza nomofilattica) relativa alla applicabilità (o meno) del criterio speciale di giurisdizione di cui all’art. 6, n. 2), della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968 (“Convenzione”) ed all’art. 8, n. 2), del regolamento (UE) n. 1215/2012 (“Bruxelles I bis“) – i quali, sostanzialmente, prevedono che un soggetto domiciliato in uno Stato membro possa essere convenuto innanzi ai giudici di un diverso Stato membro «qualora si tratti di chiamata in garanzia o altra chiamata di terzo» – anche laddove l’azione di garanzia contro il terzo sia proposta, anziché in via di chiamata in causa nello stesso processo instaurato contro il preteso garantito, in un separato processo innanzi ai giudici dello
Stato in cui pende il procedimento principale.

I fatti
Una cittadina italiana conveniva in giudizio una società con sede in Italia al fine di ottenerne la condanna al risarcimento dei danni dalla stessa patiti in conseguenza di un sinistro stradale in cui era rimasta coinvolta come trasportata su un pullman durante una gita, organizzata in Laos, ricompresa in un pacchetto turistico venduto
dal tour operator italiano convenuto in giudizio.
Poiché il tour operator italiano aveva, a sua volta, acquistato la gita in questione presso altra società organizzatrice di viaggi con sede ad Hong Kong (ed uffici in Laos), questi decideva allora di agire in un separato giudizio innanzi al Tribunale di Busto Arsizio contro il tour operator straniero al fine di essere manlevato e tenuto indenne da ogni onere ed esborso conseguente alla condanna risarcitoria eventualmente resa in favore della danneggiata all’esito del diverso giudizio reso pendente da quest’ultima contro il tour operator italiano.
Il Tribunale di Busto Arsizio rigettava la domanda, dichiarando il difetto di giurisdizione del giudice italiano sulla base del duplice rilievo per cui il convenuto non era domiciliato in Italia e l’obbligazione dedotta in giudizio doveva eseguirsi nel Laos o ad Hong Kong.
La Corte d’Appello di Milano ha riformato tale decisione, ritenendo applicabile la previsione di cui all’art. 6, n.2), della Convenzione ancorché l’azione di garanzia fosse stata in casu proposta non in via di chiamata in causa ma con domanda autonoma proposta in separato processo.

La pronuncia
Accogliendo il ricorso proposto dal tour operator straniero, la Suprema Corte ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice italiano.
Poiché nel caso di specie veniva in rilievo una controversia in materia civile e commerciale instaurata contro una società convenuta con sede legale ad Hong Kong, la Suprema Corte si è trovata a dover preliminarmente qualificare (ancorché il profilo era in concreto irrilevante, attesa la sostanziale equivalenza delle disposizioni sopra menzionate) la natura del rinvio alla Convenzione che compare nell’art. 3, co. 2, primo periodo, della l. n. 218/1995; ossia, se esso debba qualificarsi come un rinvio fisso o mobile, con la conseguenza, in questo secondo caso, di dover oggi intendere tale rinvio effettuato a Bruxelles I bis.
Nonostante la pratica irrilevanza della questione ed il fatto che essa sia ancora al vaglio delle Sezioni Unite per la composizione di un contrasto (segnalato da due ordinanze di rimessione di cui si è data notizia con questo post), le Sezioni Unite hanno affermato (con precisazione espressamente ribadita nel principio di diritto) di voler dare continuità al più recente orientamento di legittimità in forza del quale, in tema di giurisdizione dei giudici italiani nei confronti di soggetti domiciliati all’estero, ai sensi del citato art. 3, comma 2, allorché il convenuto, per l’appunto, non sia domiciliato in uno Stato membro dell’Unione europea, la giurisdizione italiana, quando si tratti di una delle materie già comprese nel campo di applicazione della Convenzione, sussiste in base ai criteri stabiliti Bruxelles I bis, che ha sostituito il Regolamento (CE) n. 44 del 2001, a sua volta sostitutivo della Convenzione.
Ciò precisato, la Suprema Corte ha ritenuto che l’applicazione dell’art. 8, n. 2), Bruxelles I bis (che, come detto, ha un contenuto pressoché equivalente a quello dei suoi predecessori) possa darsi solo ed esclusivamente nei casi di vera e propria chiamata in garanzia effettuata dal garantito nel processo instaurato contro di lui dal danneggiato, dovendo dunque affermarsi il seguente principio di diritto: «l’art. 8, n. 2, del Reg. UE n. 1215 del 2012, cui rinvia l’art. 3, comma 2, prima parte, della legge n. 218 del 1995, non trova applicazione nel caso in cui l’azione di garanzia, propria o impropria, sia stata esperita in via autonoma e non già nell’ambito del giudizio già pendente relativo al rapporto principale».

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