Novità in tema di decreto ingiuntivo e consumatori

by Susanna Marta

Tribunale di Napoli, Sez. XIV, ordinanza 30 dicembre 2023
Tribunale di Monza, ordinanza 10 ottobre 2023
Tribunal Judiciaire de Paris, Pôle de l’exécution, decisione 11 gennaio 2024


Premessa
Come noto, le Sezioni unite della Cassazione hanno fatto applicazione dei principi espressi nelle quattro pronunce della Corte di giustizia dell’UE rese il 17 maggio 2022 (causa C-600/19, Ibercaja Bancocause riunite C-693/19, SPV Project 1503 e C-831/19, Banco di Desio e della Brianzacausa C-725/19, Impuls Leasing Romaniacausa C-869/19, Unicaja Banco) in tema di clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori e superamento del principio dell’autorità di cosa giudicata in caso di decreto ingiuntivo non opposto, dettando un vero e proprio vademecum per i giudici nazionali, volto ad individuare i passaggi e gli obblighi cui questi ultimi devono attenersi nelle diverse fasi processuali (si veda Cass. sez. un. n. 9479/2023 ed il relativo post pubblicato su questo Blog).

In particolare, le Sezioni unite hanno precisato che, nella fase monitoria, il giudice:
“a) deve svolgere, d’ufficio, il controllo sull’eventuale carattere abusivo delle clausole del contratto stipulato tra professionista e consumatore in relazione all’oggetto della controversia;
b) a tal fine procede in base agli elementi di fatto e di diritto in suo possesso, integrabili, ai sensi dell’art. 640 c.p.c., con il potere istruttorio d’ufficio, da esercitarsi in armonia con la struttura e funzione del procedimento d’ingiunzione:
b.1) potrà, quindi, chiedere al ricorrente di produrre il contratto e di fornire gli eventuali chiarimenti necessari anche in ordine alla qualifica di consumatore del debitore; 
b.2) ove l’accertamento si presenti complesso, non potendo egli far ricorso ad un’istruttoria eccedente la funzione e la finalità del procedimento (ad es. disporre c.t.u.), dovrà rigettare l’istanza d’ingiunzione;
c) all’esito del controllo:
comma 1) se rileva l’abusività della clausola, ne trarrà le conseguenze in ordine al rigetto o all’accoglimento parziale del ricorso;
comma 2) se, invece, il controllo sull’abusività delle clausole incidenti sul credito azionato in via monitoria desse esito negativo, pronuncerà decreto motivato, ai sensi dell’art. 641 c.p.c., anche in relazione alla anzidetta effettuata delibazione;
comma 3) il decreto ingiuntivo conterrà l’avvertimento indicato dall’art. 641 c.p.c., nonché l’espresso avvertimento che in mancanza di opposizione il debitore-consumatore non potrà più far valere l’eventuale carattere abusivo delle clausole del contratto e il decreto non opposto diventerà irrevocabile”.

Nella fase esecutiva, il giudice:
“a) in assenza di motivazione del decreto ingiuntivo in riferimento al profilo dell’abusività delle clausole, ha il dovere – da esercitarsi sino al momento della vendita o dell’assegnazione del bene o del credito – di controllare la presenza di eventuali clausole abusive che abbiano effetti sull’esistenza e/o sull’entità del credito oggetto del decreto ingiuntivo;
b) ove tale controllo non sia possibile in base agli elementi di diritto e fatto già in atti, dovrà provvedere, nelle forme proprie del processo esecutivo, ad una sommaria istruttoria funzionale a tal fine;
c) dell’esito di tale controllo sull’eventuale carattere abusivo delle clausole – sia positivo, che negativo – informerà le parti e avviserà il debitore esecutato che entro 40 giorni può proporre opposizione a decreto ingiuntivo ai sensi dell’art. 650 c.p.c. per fare accertare (solo ed esclusivamente) l’eventuale abusività delle clausole, con effetti sull’emesso decreto ingiuntivo;
d) fino alle determinazioni del giudice dell’opposizione a decreto ingiuntivo ai sensi dell’art. 649 c.p.c., non procederà alla vendita o all’assegnazione del bene o del credito;
e) se il debitore ha proposto opposizione all’esecuzione ex art. 615, comma 1, c.p.c., al fine di far valere l’abusività delle clausole del contratto fonte del credito ingiunto, il giudice adito la riqualificherà in termini di opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c. e rimetterà la decisione al giudice di questa (translatio iudicii);
f) se il debitore ha proposto un’opposizione esecutiva per far valere l’abusività di una clausola, il giudice darà termine di 40 giorni per proporre l’opposizione tardiva – se del caso rilevando l’abusività di altra clausola – e non procederà alla vendita o all’assegnazione del bene o del credito sino alle determinazioni del giudice dell’opposizione tardiva sull’istanza ex art. 649 c.p.c. del debitore consumatore”.

Nella fase di cognizione, “il giudice dell’opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c.:
a) una volta investito dell’opposizione (solo ed esclusivamente sul profilo di abusività delle clausole contrattuali), avrà il potere di sospendere, ex art. 649 c.p.c., l’esecutorietà del decreto ingiuntivo, in tutto o in parte, a seconda degli effetti che l’accertamento sull’abusività delle clausole potrebbe comportare sul titolo giudiziale;
b) procederà, quindi, secondo le forme di rito”.

Decorso quasi un anno dalla pubblicazione di tale pronuncia, i Tribunali di primo grado hanno dovuto dare attuazione pratica ai sovraesposti principi, affrontando parimenti alcuni dei temi rimasti “aperti”, arrivando ad ampliare la portata dei principi ivi espressi.
Tali temi sono di particolare attualità non solo in Italia, ma in tutti gli Stati membri che, parimenti, si trovano a confrontarsi con l’implementazione dei principi di diritto espressi dalla Corte di giustizia, e che con frequenza impattano anche il settore della cooperazione giudiziaria laddove un crescente numero dei contratti conclusi tra professionisti e consumatori coinvolgano parti domiciliate in Stati membri differenti e includano clausole potenzialmente abusive.

La decisione del Tribunale di Napoli: sul dovere del giudice dell’esecuzione di informare il debitore-consumatore della potenziale abusività di clausole anche in sede di distribuzione delle somme ricavate dalla vendita.

Nell’ambito di una procedura di espropriazione immobiliare instaurata in forza di un decreto ingiuntivo non opposto (ma privo di motivazione in punto abusività delle clausole), fondato su due contratti conclusi da un consumatore con una banca, il Tribunale di Napoli (XIV Sez. Civ.), con provvedimento del 30 dicembre 2023, ha rilevato, in occasione dell’udienza per la discussione del progetto di distribuzione delle somme ricavate (dunque in un momento successivo alla vendita), la possibile abusività della clausola relativa agli interessi moratori pattuiti nella misura di un tasso giornaliero.
Il giudice dell’esecuzione, invitato il creditore (non essendo costituita la debitrice esecutata) ad interloquire su tale questione, ha rilevato che nonostante nel caso in esame fosse già intervenuto il trasferimento del bene pignorato, sussiste in ogni caso il potere-dovere del giudice dell’esecuzione di rilevare la possibile abusività delle clausole contrattuali sulla base delle quali è stato messo il titolo azionato e che quindi il consumatore deve essere invitato a proporre l’opposizione tardiva, nelle forme rimodellate dalle Sezioni unite, mediante un atto da notificare ai sensi degli articoli 138 e seguenti c.p.c.
Il ragionamento del giudice partenopeo muove dalla ritenuta inapplicabilità al caso di specie del principio espresso dalla Corte di giustizia nella causa C-600/19, Ibercaja Banco, secondo cui, per quanto qui rileva, è conforme al diritto europeo la normativa nazionale (nel caso spagnola) che non prevede il potere di un organo giurisdizionale di esaminare, anche d’ufficio, il carattere abusivo delle clausole, quando la garanzia ipotecaria sia stata già escussa, il bene ipotecato sia stato già venduto e i diritti di proprietà relativi a tale bene siano stati trasferiti a un terzo, a condizione che, tuttavia, il consumatore il cui bene è stato oggetto di un procedimento di esecuzione ipotecaria possa ancora far valere i suoi diritti in un procedimento successivo, di carattere risarcitorio.
Ciò, ad avviso del giudicante, perché il principio predetto non può essere trasposto all’espropriazione immobiliare come disciplinata dall’ordinamento italiano, posto che il trasferimento al terzo del diritto oggetto di pignoramento (che, come viene precisato, non è posto in discussione) non comporta l’esaurimento della procedura, dal momento che deve ancora svolgersi la fase di distribuzione delle somme ricavate ed esiste dunque ancora un giudice in grado di procedere al rilievo ufficioso dell’eventuale abusività delle clausole (diversamente dalla procedura spagnola, ove
trasferito al terzo il diritto di proprietà si esaurisce la procedura esecutiva).
Sulla base dell’argomentazione che precede, il Tribunale di Napoli ritiene che in relazione alla disciplina dell’espropriazione immobiliare italiana non vi sia alcuna preclusione in ordine a tale rilievo in sede distributiva, ciò, a maggior ragione, alla luce del fatto che il legislatore ha disciplinato espressamente l’eventualità che insorga una controversia tra creditore debitore circa la sussistenza o l’ammontare degli eventuali crediti (cfr. art. 512 c.p.c.).
Viceversa, impedire un possibile rilievo:
– contrasterebbe con il principio di tutela giurisdizionale effettiva,
– comporterebbe il rischio che il consumatore non venga mai adeguatamente informato circa gli strumenti mediante i quali far valere i diritti garantitigli dalla direttiva 93/13/CEE,
– comporterebbe l’ulteriore rischio di differire il decorso del termine di prescrizione del diritto alla ripetizione.

Pertanto, il giudicante partenopeo ha ritenuto, senza alcun dubbio, di dover procedere all’interpello del consumatore come indicato dalle Sezioni unite, nonostante l’avvenuto trasferimento del diritto di proprietà del bene pignorato.
Ciò chiarito, il giudice dell’esecuzione si interroga sulle modalità a mezzo delle quali dare attuazione all’interpello del consumatore: non mediante un atto da comunicare in cancelleria (che, invero, sarebbe una modalità incompatibile con la ragionevole possibilità per il consumatore esecutato di proporre l’opposizione ai sensi dell’art. 650 c.p.c. come modellata dalle Sezioni unite), bensì attraverso una modalità che sia caratterizzata dalla qualità dell’informazione che deve essere garantita al consumatore affinché possa valutare in maniera consapevole ed effettiva se avvalersi o meno dei rimedi previsti dall’ordinamento.
Ebbene, tale informazione deve quindi ricalcare quella che avrebbe dovuto essere contenuta nella motivazione del decreto ingiuntivo non opposto in forza del quale si è avviata la fase esecutiva e deve essere inserita nel provvedimento del giudice, che:
– deve indicare con chiarezza la clausola (o le clausole) del contratto avente incidenza sull’accoglimento della domanda del creditore che si ritiene potenzialmente abusiva,
– deve contenere una sintetica illustrazione delle possibili conseguenze devastanti dall’eventuale accertamento della menzionata abusività,
– deve essere notificato al consumatore dal creditore procedente nei termini assegnati.

La decisione del Tribunale di Monza: esame ufficioso delle clausole del titolo esecutivo costituito da mutuo, in applicazione analogica di quanto affermato dalle sezioni unite in relazione al decreto ingiuntivo.

Nell’ambito del giudizio di opposizione all’esecuzione presso terzi promossa dall’esecutato anche in forza di un titolo esecutivo costituito da un mutuo fondiario, il Tribunale di Monza (con ordinanza del 10 ottobre 2023) ha fatto proprie le considerazioni delle Sezioni unite, applicandole in via analogica al caso in cui il titolo esecutivo non sia un decreto ingiuntivo ma un titolo esecutivo stragiudiziale.
In particolare, la debitrice presentava istanza per la sospensione della procedura, sulla base, tra le altre, dell’esistenza nel contratto di mutuo di clausole abusive (relativa alle condizioni economiche gli interessi moratori).
Il Tribunale di Monza ha ritenuto che, ancorché le Sezioni unite si siano riferite al caso di contratti contenenti clausole abusive posti a fondamento di un titolo costituito da decreto ingiuntivo, “deve ritenersi che anche le clausole contenute, come nel caso di specie, in un contratto di mutuo avente valore di titolo esecutivo stragiudiziale, debbano
essere verificate dal Giudice dell’Esecuzione – nel caso di specie in presenza di opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. – e, previa verifica con esito positivo in base a giudizio sommario all’esito della fase cautelare, in analogia con i principi enunciati dalla Suprema Corte nell’ipotesi di decreto ingiuntivo, la questione dovrà poi in ogni caso essere rimessa alla decisione del giudice della fase di merito”.

Sulla base di ciò e considerato il possibile carattere abusivo delle clausole, ad una verifica sommaria, il giudice dell’esecuzione ha sospeso la procedura e assegnato alla parte interessata il termine di 60 giorni per introdurre il giudizio di merito nelle forme e nelle modalità di cui all’articolo 616 c.p.c.

Intanto in Francia: la richiesta di parere alla Corte di cassazione sui diritti-doveri del giudice dell’esecuzione

Come in Italia, anche i tribunali degli altri Stati membri si trovano a dover dare attuazione alle sopracitate decisioni della Corte di giustizia in tema di clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori e a dover coordinare la disciplina processuale interna e il diritto europeo, come interpretato dalla Corte di giustizia.

In particolare, in Francia, il titolo esecutivo non più opponibile ha efficacia di giudicato tra le parti ed il relativo valore, così come la validità dei diritti e degli obblighi che lo stesso accerta non può essere messo in discussione dal giudice dell’esecuzione.
Anche nell’ordinamento francese si pone, quindi, il problema di coordinare i meccanismi dell’ordinamento interno con l’interpretazione espressa dalla Corte di giustizia, in ragione del principio di effettività e l’intento di assicurare al consumatore un controllo sull’eventuale carattere abusivo delle clausole contrattuali.
Il Tribunale di primo grado di Parigi si è trovato ad affrontare tale problematica in un procedimento esecutivo azionato dalla creditrice nei confronti di un consumatore, sulla base di un’ingiunzione di pagamento, divenuta definitiva a causa
dell’inammissibilità dell’opposizione, proposta tardivamente.
Il titolo esecutivo veniva emesso a seguito del mancato pagamento di una delle rate previste dal contratto concluso dalle parti, all’interno del quale era prevista una clausola di decadenza immediata (senza preavviso) dal beneficio del termine in caso di mancato pagamento.
Tale clausola, secondo il diritto francese e in particolare gli articoli R. 132-1 e 132-2 del codice del consumo, si presume abusiva.

Ecco, dunque, che il Tribunale di Parigi, con provvedimento dell’11 gennaio 2024, ha chiesto alla Corte di cassazione francese – in base dell’articolo L. 441-1 del Code de l’organisation judiciaire, attraverso il meccanismo della c.d. saisine pour avis (in forza del quale, prima di pronunciarsi su una questione di diritto nuova, caratterizzata da serie difficoltà e che possa essere comune ad un cospicuo numero di litigi, le autorità giudiziarie possono, con una decisione non suscettibile di ricorso, sollecitare il parere della Corte di cassazione) – di fornire il proprio parere in relazione alle seguenti questioni di diritto:

Può il giudice dell’esecuzione dichiarare nel dispositivo della sentenza che la clausola di un contratto concluso da un consumatore, che ha dato origine alla decisione giudiziaria in forza della quale è stata instaurata l’esecuzione forzata,
è abusiva?

E, in caso affermativo:

  • quando tale clausola ha ad oggetto la decadenza dal beneficio del termine, il giudice può annullare tale decisione o dichiararla priva di fondamento giuridico, in particolare se la scadenza del termine di pagamento era la condizione stessa per la concessione del provvedimento? In questo caso, può pronunciarsi sul merito di una richiesta di pagamento?
  • può modificare il provvedimento a quo, decidendo che è in tutto o in parte insuscettibile di esecuzione? in questo caso, può pronunciarsi sul merito della domanda di pagamento?

    Sarà la Cour de cassation a fare chiarezza sul punto.

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