La residenza abituale del minore nel regolamento Bruxelles II bis

17 Ottobre 2020 by Ester di Napoli

Corte di giustizia UE, sentenza 17 ottobre 2018, causa C-393/18 PPU, UD c. XB – ECLI:EU:C:2018:835

Con sentenza 17 ottobre 2018 (causa C-393/18 PPU), la Corte di giustizia è tornata a chiarire la nozione di “residenza abituale” di un minore ai sensi dell’art. 8 del regolamento n. 2201/2003 in materia matrimoniale e di responsabilità genitoriale (“Bruxelles II bis”).

Il procedimento principale

Il procedimento riguarda alcune domande connesse alla responsabilità genitoriale di una minore nata in Bangladesh da parte di una cittadina bengalese. Si oppone il padre, cittadino britannico, che avrebbe costretto la donna a partorire in Bangladesh. Dopo la nascita della figlia, l’uomo aveva fatto ritorno nel Regno Unito, mentre madre e figlia erano rimaste in tale Stato. La donna aveva risieduto nel Regno Unito qualche anno prima di partorire. Il padre contesta la competenza giurisdizionale del giudice britannico. Quest’ultimo chiede alla Corte se la presenza fisica di un minore in uno Stato costituisca un elemento essenziale per individuare la residenza abituale ai sensi dell’art. 8 del regolamento Bruxelles II bis e se la coercizione esercitata dal padre sulla madre – entrambi titolari della responsabilità genitoriale – rilevi a tal fine.

La pronuncia

La Corte rileva come il criterio della residenza abituale contenuto nel regolamento sia stato elaborato con l’obiettivo di rispondere all’interesse superiore del minore, privilegiando a tal fine il criterio della vicinanza (sentenza 15 febbraio 2017, W e V, causa C‑499/15, punto 51). Per determinare la residenza abituale di un minore vi sono altri fattori, oltre alla presenza fisica del minore in uno Stato membro, che devono dimostrare che tale presenza non ha carattere temporaneo o occasionale (sentenze 2 aprile 2009, A, causa C‑523/07, punto 38; 22 dicembre 2010, Mercredi, causa C‑497/10 PPU, punto 49;9 ottobre 2014, C, causa C‑376/14 PPU, punto 51; 8 giugno 2017, OL, causa C‑111/17 PPU, punto 43; 28 giugno 2018, HR, causa C‑512/17, punto 41). La Corte ha già statuito che l’intenzione del titolare della responsabilità genitoriale di stabilirsi con il minore in un altro Stato membro, manifestata attraverso iniziative tangibili, può costituire un indizio del trasferimento della residenza abituale: tuttavia, in assenza di tale presenza fisica, non può accordarsi un’importanza determinante al summenzionato elemento intenzionale. La Corte conclude pertanto che l’art. 8, par. 1, del regolamento Bruxelles II bisdeve essere interpretato nel senso che un minore deve essere stato fisicamente presente in uno Stato membro perché possa essere considerato come residente abitualmente in questo Stato, non avendo alcuna incidenza al riguardo, come nel caso di specie, circostanze quali la coercizione esercitata dal padre sulla madre o la lesione dei diritti fondamentali della madre o della minore.