La circolazione nell’UE, ai sensi del regolamento “Bruxelles II bis”, di un accordo di divorzio concluso dinanzi all’ufficiale di stato civile italiano

by Ester di Napoli

Corte di giustizia UE, sentenza 15 novembre 2022, causa C-646/20, Senatsverwaltung für Inneres und Sport, Standesamtsaufsicht c. TB – ECLI:EU:C:2022:879

Con sentenza 15 novembre 2022 (causa C-646/20), la Corte di giustizia ha stabilito che rientra nella nozione di “decisione”, ai sensi del regolamento UE n. 2201/2003 relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale (“Bruxelles II bis”), il divorzio concluso dinanzi all’ufficiale di stato civile all’esito della procedura di cui all’art. 12 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132 recante “misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell’arretrato in materia di processo civile”, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162.

Il procedimento principale

La domanda è stata proposta nell’ambito di una controversia tra la Senatsverwaltung für Inneres und Sport, Standesamtsaufsicht (Ministero berlinese dell’interno e dello sport, Autorità di vigilanza dello stato civile – Germania), e TB, con cittadinanza italo-tedesca, in merito al rifiuto, da parte di tale autorità, di autorizzare la trascrizione nel registro dei matrimoni tedesco del suo divorzio, ottenuto in via stragiudiziale in Italia, in assenza di previo riconoscimento del divorzio da parte dell’autorità giudiziaria tedesca competente.

Nel 2017, TB e RD (cittadino italiano) avevano avviato la procedura di scioglimento del matrimonio dinanzi all’ufficiale di stato civile di Parma a norma di quanto previsto dall’art. 12 del decreto-legge n. 132/2014: all’esito della procedura, l’ufficiale di stato civile aveva rilasciato loro il certificato di cui all’art. 39 del regolamento Bruxelles II bis, attestante il divorzio.

TB chiedeva dunque di trascrivere il divorzio presso l’ufficio dello stato civile di Berlino-Mitte il quale, chiedendosi se non fosse a tal fine necessario il previo procedimento di riconoscimento previsto dal diritto tedesco (art. 107, par. 1 del FamFG, rubricato “Riconoscimento delle decisioni straniere in materia matrimoniale”), adiva l’autorità giurisdizionale tramite l’Autorità di vigilanza dello stato civile. In primo grado, il giudice confermava le perplessità dell’ufficio dichiarando che la trascrizione fosse possibile solo all’esito del procedimento di riconoscimento interno, decisione poi ribaltata dal Tribunale superiore del Land di Berlino che vietava all’ufficio dello stato civile di subordinare la trascrizione a tale procedimento.

In sede di ulteriore impugnazione, il giudice del rinvio ha chiesto alla Corte di giustizia se rientri nella nozione di “decisione” di cui all’art. 21 del regolamento Bruxelles II bis – letta in combinato con il suo art. 2, punto 4 – e, dunque, si avvalga del regime di circolazione agevolato previsto dal regolamento (art. 21 ss.), un divorzio risultante da un accordo concluso dai coniugi e pronunciato dall’ ufficiale dello stato civile di uno Stato membro, conformemente alla legislazione di quest’ultimo. Chiede, nella specie, se la nozione di “decisione” accolta nel regolamento debba essere interpretata nel senso che essa comprenda meramente gli atti che promanano da un’autorità giurisdizionale o da un’autorità che esercita prerogative dei pubblici poteri e che hanno un’efficacia costitutiva di diritti, oppure se essa comprenda altresì gli atti giuridici privati rientranti nell’autonomia delle parti, adottati senza una siffatta partecipazione con efficacia costitutiva di un’autorità statale, come si verificherebbe nel procedimento previsto in Italia dall’art. 12 del decreto-legge n. 132/2014. Laddove la Corte ritenesse che tale accordo non rientri nella nozione di “decisione”, il giudice del rinvio chiede se il riconoscimento non sia comunque possibile, senza previo procedimento interno, in quale “atto pubblico” o “accordo” ai sensi dell’art. 46 del regolamento stesso.

La pronuncia

La Corte ribadisce che le espressioni contenute nel regolamento Bruxelles II bis devono essere interpretate in maniera autonoma e uniforme. Muovendo dai principi di reciproca fiducia tra Stati membri e di riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziali e stragiudiziali, sottesi alle norme adottate dall’UE nel settore della cooperazione giudiziaria civile, la Corte ricorda come, ai sensi del regolamento Bruxelles II bis, le decisioni di divorzio debbano essere riconosciute negli altri Stati membri senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento. Aggiunge poi che, ai fini dell’aggiornamento delle iscrizioni nello stato civile nello Stato membro richiesto, la decisione non dev’essere più suscettibile di impugnazione secondo la legge dello Stato membro d’origine e che il riconoscimento di una decisione non può essere negato perché la legge dello Stato membro richiesto non prevede per i medesimi fatti il divorzio.

La Corte fa dunque leva sulle disposizioni del regolamento Bruxelles II bis che definiscono i concetti di “decisione” e “autorità giurisdizionale” (art. 1, par. 1, lett. a), e art. 2, punti 1, 3 e 4), vale a dire, rispettivamente, ogni “decisione di divorzio (…) emessa dal giudice di uno Stato membro, (…) a prescindere dalla denominazione usata per la decisione, quale ad esempio decreto, sentenza o ordinanza”, nonché l’insieme delle “autorità degli Stati membri competenti per le materie rientranti nel campo di applicazione del presente regolamento a norma dell’articolo 1”. Da tali definizioni, la Corte stabilisce che il regolamento Bruxelles II bis può disciplinare le decisioni di divorzio intervenute al termine di un procedimento tanto giudiziale quanto stragiudiziale, purché il diritto degli Stati membri attribuisca competenze in materia di divorzio anche alle autorità stragiudiziali (come, nel caso di specie, all’ufficiale di stato civile italiano).

La Corte si sofferma poi sulla questione dubbia, su cui si è ampiamente soffermato l’avvocato generale Collins nelle sue conclusioni, relativa al grado di controllo che deve esercitare l’autorità competente affinché l’atto di divorzio che essa emana, nella specie nell’ambito di un divorzio consensuale, possa essere qualificato come una “decisione” ai sensi del regolamento Bruxelles II bis. Ribadendo che il regolamento esclude i divorzi privati (in particolare quello derivante dalla dichiarazione unilaterale di uno dei coniugi pronunciata dinanzi a un tribunale religioso: sentenza 20 dicembre 2017, Sahyouni, causa C‑372/16), la Corte osserva che ogni autorità pubblica chiamata ad adottare una “decisione” debba mantenere il controllo su tale pronuncia, procedendo a un esame delle condizioni del divorzio alla luce del diritto nazionale nonché dell’effettività e della validità del consenso dei coniugi a divorziare. Già nella sentenza 2 giugno 1994, Solo Kleinmotoren (causa C‑414/92), la Corte aveva dichiarato, con riferimento all’art. 25 della Convenzione di Bruxelles (che tuttavia contempla le sole decisioni giudiziali), che l’organo giurisdizionale statuisce “con poteri propri su questioni controverse tra le parti”: in quel caso, la Corte aveva escluso che una transazione, intervenuta dinanzi a un giudice di uno Stato membro, che si era limitato a prendere atto della volontà delle parti senza svolgere alcun controllo, rientrasse nella nozione di “decisione” ai sensi della Convenzione.

La Corte richiama in chiusura le osservazioni svolte in sede di udienza dalla Commissione UE, che ha ribadito come dalla genesi del considerando 14 e dell’art. 65 del regolamento Bruxelles II ter – che si è sostituito al regolamento Bruxelles II bis a far data dal 1° agosto 2022 – “nell’adottare tale regolamento, il legislatore dell’Unione non ha inteso innovare e introdurre nuove norme, bensì unicamente ‘chiarire’, per un verso, la portata della norma già contenuta all’articolo 46 del regolamento Bruxelles II bis e, per altro verso, il criterio che consente di distinguere la nozione di ‘decisione’ da quelle di ‘atto pubblico’ e di ‘accordi tra le parti’, vale a dire il criterio relativo all’esame di merito”.

Alla luce di tali considerazioni, la Corte stabilisce che l’atto di divorzio redatto da un ufficiale dello stato civile di uno Stato membro come nel caso che interessa il procedimento principale, contenente un accordo di divorzio concluso dai coniugi e confermato da questi ultimi dinanzi a detto ufficiale, all’esito di un esame del contenuto di tale accordo e in conformità alle condizioni previste dalla normativa nazionale di tale Stato membro, rappresenta una “decisione” ai sensi del regolamento Bruxelles II bis.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.