Sottrazione internazionale e residenza abituale del minore

by Francesco Angelini

Corte di cassazione, sezione I, sentenza 2 novembre 2022, n. 32194, ECLI:IT:CASS:2022:32194CIV

La Corte di cassazione, con sentenza n. 32194/2022, è tornata ad analizzare i criteri più rilevanti ai fini dell’individuazione della residenza abituale di un minore nell’ambito di un procedimento di sottrazione internazionale interno all’Unione europea. La Corte ha inoltre specificato come il mero fatto della nascita del minore in un dato Stato e la sua permanenza per pochi mesi al suo interno non siano criteri di per sé soli sufficienti ad individuare la residenza abituale del minore.

Il fatto

Il caso di specie trae origine da una relazione sentimentale sviluppatasi in Spagna tra una cittadina italiana (che si vi trovava in Erasmus), e un cittadino spagnolo, dalla quale nasce un figlio, nell’agosto 2021. A seguito della nascita, la madre e il minore avevano convissuto per un breve periodo (un mese) con il padre presso la famiglia originaria di quest’ultimo e poi, terminata in via definitiva il rapporto tra i due, la donna aveva preso in locazione un appartamento per lei e il figlio fino al novembre 2021, data in cui aveva deciso di far ritorno in Italia portandolo con sé.
Il padre del minore aveva conseguentemente attivato la procedura per il ritorno in Spagna del bimbo e l’Autorità centrale italiana aveva chiesto alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Sassari di attivare il relativo procedimento per sottrazione internazionale dei minori ai sensi della Convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980.
Con decreto 1° giugno 2022, il Tribunale per i minorenni di Sassari aveva disposto il ritorno del minore sottratto in Spagna, argomentando la sua decisione sulla base di tre rilievi, vale a dire che:

  1. Il minore era stato condotto in Italia senza il consenso del padre;
  2. La residenza abituale del minore, ai sensi dell’art. 3 della Convenzione dell’Aja, doveva ritenersi radicata in Spagna, essendo il bambino nato a Cordoba, essendovi ivi rimasto sino al novembre 2021 – anche dopo la cessazione della convivenza tra i due genitori – e avendo continuato il padre a esercitare il diritto di affidamento sul minore anche successivamente alla definitiva rottura della relazione sentimentale;
  3. Non era riscontrabile alcun rischio per il minore a causa del suo ritorno in Spagna ai sensi dell’art. 13 lett. b) della citata Convenzione.

    Il padre proponeva pertanto ricorso per cassazione, affidandolo a tre motivi, vale a dire:
    1. Violazione e falsa applicazione degli articoli 3 e 4 della Convenzione Aja del 1980 per aver fornito, il Tribunale per i minorenni, un’errata interpretazione dei concetti di “residenza abituale” e di “effettivo esercizio del diritto di affidamento” del minore;
    2. Vizio motivazionale di cui all’art. 360, n. 5 c.p.c. per non avere il giudice di prime cure tenuto in adeguata considerazione il fatto che il minore aveva vissuto in Spagna solo durante i suoi primi tre mesi di vita – periodo di minor rilevanza da un punto di vista affettivo e dei ricordi rispetto all’anno successivo nel quale aveva risieduto ad Olbia – nonché che il rientro del bimbo in Spagna avrebbe costretto la madre a perdere l’attuale lavoro per poter stare con il bambino;
    3. Violazione e falsa applicazione dell’art. 13 della Convenzione Aja 1980 dal momento che il Tribunale per i minorenni non aveva giudicato pregiudizievole per il minore il suo ritorno in Spagna, terra in cui non vi era alcun attuale punto di riferimento affettivo, dal momento che il padre non vedeva il minore dal novembre 2021 e per giunta lo stesso parlava una lingua al bambino sconosciuta.

    La pronuncia

    La Corte di cassazione ha accolto il ricorso della donna sulla base dei primi due motivi, trattati congiuntamente, e con assorbimento del terzo.
    Preliminarmente la Corte di cassazione provvede ad individuare la normativa applicabile al caso di specie. Trattandosi di procedimento coinvolgente una sottrazione intra-europea (tra Spagna e Italia), essa ritiene applicabile l’art. 11 del regolamento UE n. 2201/2003 (“Bruxelles II bis“). Infatti il regolamento UE 2019/1111 (“Bruxelles II ter“) non risulta applicabile al caso di specie ratione temporis, riguardando quest’ultimo solo le azioni promosse a partire dal 1° agosto 2022. Rileva inoltre che la Convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980 non risulta applicabile proprio vigore, ai sensi dell’art. 60 del regolamento “Bruxelles II bis“, ma soltanto con le modalità e nei limiti di cui all’art. 11 del regolamento.
    Individuata la normativa applicabile, la Corte provvede ad interpretare il concetto di “residenza abituale” del minore ai sensi degli articoli 10 del regolamento n. 2201/2003 e 3 della Convenzione dell’Aja del 1980.
    La Corte muove dalla constatazione secondo cui le fonti sovranazionali e internazionali applicabili in Italia non presentano alcuna definizione di “residenza abituale” del minore, e pertanto provvede a fornire dei punti fermi assunti dalla giurisprudenza riferita a quegli strumenti normativi.
    La Corte riafferma l’impossibilità radicale di assimilare il concetto di “residenza abituale” contenuto nel regolamento n. 2201/2003 e nella Convenzione dell’Aja a quello di “domicilio” ai sensi dell’art. 43 c.c. In secondo luogo, dispone come la residenza abituale costituisce un criterio fattuale, che prescinde del tutto da eventuali risultanze anagrafiche. Richiamandosi poi all’interpretazione fornita dalla giurisprudenza dell’UE, la Corte identifica la residenza abituale come “luogo che denota una certa integrazione del minore in un ambiente sociale e familiare, dovendosi tenere conto della durata, della regolarità, delle condizioni e delle ragioni del soggiorno nel territorio di uno Stato membro e del trasloco della famiglia in tale Stato, della cittadinanza del minore, del luogo e delle condizioni della frequenza scolastica, delle conoscenze linguistiche nonché delle relazioni familiari e sociali del minore nel detto Stato” (Corte di giustizia UE, sentenza 2 aprile 2009, causa C-523/2007, A., punto 44).
    La Corte specifica inoltre l’importanza del fattore età nell’ambito dell’identificazione della residenza abituale, riportando il dictum della Corte del Lussemburgo secondo cui, laddove si tratti della situazione di un neonato che soggiorna con la madre solo da pochi giorni in uno Stato membro – diverso da quello della sua residenza abituale – nel quale è stato portato, “devono essere presi particolarmente in considerazione, da un lato, la durata, la regolarità, le condizioni e le ragioni del soggiorno nel territorio di tale Stato membro nonché del trasferimento della madre in detto Stato» e, d’altro lato, «l’età del minore, l’origine geografica e familiare della madre nonché i rapporti familiari e sociali che la madre e il minore intrattengono in quello stesso Stato membro» (Corte di giustizia UE, sentenza 22 dicembre 2010, causa C-497/10 PPU, Mercredi, punto 56).
    Afferma invece come non si possa tenere in alcun conto l’alibi di presunte radici culturali, la profondità e significatività del legare affettivo con l’adulto autore della sottrazione o l’avvenuto inserimento scolastico nella città di residenza di quest’ultimo.
    Nega rilevanza, da ultimo, altresì ai “soggiorni che, in passato, il genitore che esercita la custodia effettiva del minore ha effettuato con quest’ultimo nel territorio dello Stato membro di cui detto genitore è originario nell’ambito dei suoi congedi o dei periodi festivi; – le origini del genitore in questione, i conseguenti legami culturali del minore con questo Stato membro e i suoi rapporti con la famiglia che risiede in detto Stato membro, e – l’eventuale intenzione di detto genitore di stabilirsi in futuro con il minore in questo stesso Stato membro” (Corte di giustizia UE, sentenza 28 giugno 2018, causa C-512/17, HR, punto 66). In definitiva, “occorre dare rilievo – per principio generale – al criterio della residenza abituale del minore al momento della domanda, intendendo come tale il luogo del concreto e continuativo svolgimento della vita personale, e non quello risultante da un calcolo puramente aritmetico del vissuto” (Cass. sez. unite, sentenza 18 marzo 2016, n. 5418) valorizzando “indicatori di natura proiettiva, quali l’iscrizione all’asilo nido in un determinato Paese ed il godimento dell’assistenza sanitaria presso il sistema pediatrico del medesimo Stato” (Cass. sez. unite, sentenza 30 marzo 2018, n. 8042).
    Applicando i criteri sopra enunciati al caso di specie, la Suprema Corte ha sancito come il Tribunale per i minorenni non avesse tenuto in adeguato conto alcuni profili dai quali è dato arguire un collegamento non sostanziale del minore e della madre che lo accudisce con il territorio spagnolo: la madre era infatti giunta in Spagna per motivi di studio e non aveva alcun rapporto di lavoro stabile in Spagna; essa non aveva alcun legame significativo al di fuori della relazione sentimentale con il padre del minore; il parto era avvenuto in Spagna in quanto avvenuto prematuramente, laddove la madre era stata seguita durante la gestazione, da un ginecologo in Italia; ha portato in Italia il bambino dopo pochi mesi dalla nascita e in Italia la stessa vanta uno stabile rapporto lavorativo.
    Il mero fatto della nascita in Spagna del minore e l’aver risieduto per tre o quattro mesi in Spagna sono stati ritenuti dalla Corte di legittimità dei profili neutri, dal momento che gli stessi, da soli, non erano stati in grado di radicare il centro di interessi del minore in territorio spagnolo e pertanto non potevano integrare il concetto di “residenza abituale” idoneo a configurare la fattispecie sottrattiva.
    In conseguenza di ciò la Corte di cassazione ha cassato la decisione con rinvio al Tribunale per i minorenni di Sassari affinché lo stesso decida in conformità al principio di diritto sotto espresso.

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