Minori nati all’estero da maternità surrogata e riconoscimento del rapporto con il genitore d’intenzione: le Sezioni Unite confermano il ricorso all’adozione in casi particolari

by Francesca Maoli

Cass., sez. un., sentenza 30 dicembre 2022, n. 38162 – ECLI:IT:CASS:2022:38162CIV

Con la sentenza 30 dicembre 2022, n. 38162, la Corte di cassazione è tornata ad occuparsi della questione dei minori nati da maternità surrogata e del riconoscimento del relativo status familiare.

I fatti
Il caso che ha dato origine al giudizio riguarda un bambino nato in Canada da maternità surrogata, alla quale aveva fatto ricorso una coppia di uomini italiani. Uno dei due aveva fornito i propri gameti, che sono stati uniti nella fecondazione in vitro con l’ovocita di una donatrice. L’embrione era stato poi trasferito nell’utero di una diversa donna, non anonima, che ha portato a termine la gravidanza e partorito il bambino nel 2015.
A seguito della formazione di un atto di nascita indicante il nome del solo padre biologico, i giudici canadesi avevano ordinato la rettifica del documento, con l’aggiunta del nominativo del padre intenzionale. Tuttavia, l’ufficiale di stato civile italiano si rifiutava di rettificare l’atto di nascita già trascritto. Da qui il ricorso proposto dai ricorrenti ai sensi dell’art. 702-bis c.p.c. alla Corte d’appello di Venezia, per ottenere il riconoscimento del provvedimento canadese in Italia ai sensi dell’art. 67 della legge n. 218/1995. La Corte accoglieva il ricorso.
La prima sezione civile della Corte di cassazione, adita dal Ministero dell’interno e dal sindaco del comune interessato, ha preso atto della sentenza delle Sezioni Unite civili dell’8 maggio 2019, n. 12193, ma ha nondimeno ritenuto di sollevare una questione di legittimità costituzionale sulla base di una pluralità di parametri. La Corte costituzionale, con sentenza n. 33 del 2021, ha dichiarato inammissibile la questione, ma ha anche stabilito che il divieto di maternità surrogata di cui alla legge n. 40/2004, in quanto parte dell’ordine pubblico italiano, deve essere bilanciato con la necessità di tenere in primaria considerazione l’interesse del minore: quest’ultimo non è adeguatamente tutelato dalla possibilità di formalizzare il rapporto con il genitore intenzionale attraverso l’adozione in casi particolari (di cui all’art. 44, primo comma, lettera d), della legge n. 184/1983), risultando quindi imprescindibile e non più rimandabile l’intervento del legislatore (per una ricognizione di tale giurisprudenza, si veda questo post).
Ripreso il giudizio dinanzi alla Corte di cassazione, i ricorsi sono stati assegnati alle Sezioni Unite.

La pronuncia
L’ordinanza di rimessione ha posto alle Sezioni Unite diversi quesiti, che si concentravano principalmente sui seguenti temi:
– Se la sentenza della Corte costituzionale n. 33 del 2021, accertando l’inidoneità del ricorso in questa materia all’adozione in casi particolari, abbia determinato il superamento del diritto vivente rappresentato dalla sentenza n. 12193 del 2019 delle Sezioni Unite e, di conseguenza, un vuoto normativo;
– Se e come sia superabile in via interpretativa tale vuoto normativo;
– Se la valutazione di compatibilità con l’ordine pubblico italiano del riconoscimento del rapporto di filiazione con il genitore d’intenzione possa essere effettuata in concreto, nell’ottica della ricerca del superiore interesse del minore, mettendo a confronto i diritti fondamentali di quest’ultimo all’identità personale e alla vita familiare con la tutela della dignità della donna coinvolta nel processo procreativo mediante gestazione per altri.
Le Sezioni Unite, con la sentenza in esame, hanno concluso che l’istituto da applicare è sempre quello dell’adozione in casi particolari.
Dopo aver affermato che la maternità surrogata “non ha cittadinanza nel nostro ordinamento”, la Corte di cassazione ha preso atto della possibilità degli individui di dare seguito ad un progetto genitoriale all’estero, sulla base di legislazioni più permissive. In tali casi, si pone il problema del riconoscimento in Italia della genitorialità acquisita al di fuori dei confini nazionali. La protezione dei valori inerenti la dignità umana, che ispira la legislazione italiana, deve essere allora bilanciata con il diritto fondamentale del minore alla continuità del rapporto affettivo “con entrambi i soggetti che hanno condiviso la decisione di farlo venire al mondo” e che hanno concretamente esercitato la responsabilità genitoriale, senza che vi osti l’eventuale ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita. In particolare, non è il minore a dover subire le conseguenze della violazione del divieto di surrogazione di maternità.
Nel caso in esame, era in discussione il legame di filiazione tra il bambino e il genitore d’intenzione, già risultante da un atto legittimamente formato da un’autorità giurisdizionale straniera ed il cui riconoscimento risulta impedito dall’incompatibilità con i principi di ordine pubblico dell’ordinamento italiano. Secondo le Sezioni unite, l’adozione in casi particolari rappresenta il mezzo attraverso il quale il rapporto di filiazione costituito all’estero tra il minore e il padre di intenzione potrebbe ricevere continuità nel nostro ordinamento. La Corte costituzionale, con la sentenza n. 33 del 2021, ha ammesso che il ricorso all’adozione in casi particolari può non essere completamente adeguato rispetto alla piena tutela degli interessi del minore: in particolare, questa non determina un rapporto di filiazione pieno, dato che non crea legami del bambino con i parenti dell’adottante, e richiede l’assenso del genitore biologico. Tuttavia, secondo le Sezioni Unite, la sentenza n. 33 del 2021 non ha determinato alcun vuoto normativo, ma ha invocato l’intervento del legislatore a fronte di un quadro normativo esistente ma insoddisfacente. Inoltre, le criticità caratterizzanti l’adozione in casi particolari risultano, ad oggi, superate grazie alla stessa Corte costituzionale: in seguito alla sentenza n. 79 del 28 marzo 2022, anche l’adozione del minore in casi particolari produce effetti pieni e fa nascere relazioni di parentela con i familiari dell’adottante.
Il limite del necessario assenso del genitore biologico, dal canto suo, risulta comunque superato dall’interpretazione adeguatrice della disposizione ad opera della giurisprudenza. Inoltre, l’effetto ostativo del dissenso dell’unico genitore biologico all’adozione del genitore sociale, allora, può e deve essere valutato esclusivamente sotto il profilo della conformità all’interesse del minore.
Venuti meno i più importanti elementi di inadeguatezza dell’adozione in casi particolari, in attesa dell’intervento del legislatore, non ci sono più ostacoli all’utilizzo dell’istituto per fare fronte all’impossibilità di riconoscere il legame di filiazione tra il figlio e il genitore d’intenzione. Sotto questo profilo, l’adozione in casi particolari si profila come uno strumento potenzialmente adeguato al fine di assicurare al minore nato da maternità surrogata una adeguata tutela giuridica.

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