Il mancato riconoscimento del legame di filiazione tra minore nato all’estero da maternità surrogata altruistica e padre biologico: il caso C. c. Italia

by Ilaria Aquironi

Corte europea dei diritti dell’uomo, sentenza 31 agosto 2023, ricorso n. 47196/21, C c. Italia

Con sentenza 31 agosto 2023 (ricorso n. 47196/21), la Corte europea dei diritti umani ha accertato la sussistenza di una violazione del diritto al rispetto della vita privata di una minore nata da maternità surrogata altruistica, a seguito del mancato riconoscimento da parte delle autorità italiane del legame di filiazione con il padre biologico, stabilito da un atto di nascita ucraino. Non ha invece ritenuto integrata una violazione dello stesso art. 8 della CEDU a causa della mancata trascrizione del legame tra la minore e la madre d’intenzione, essendo in tal caso possibile il ricorso all’adozione in casi particolari per il riconoscimento giuridico di tale rapporto.

Il caso

L.B. e E.A.M., rispettivamente padre biologico e madre intenzionale, hanno promosso il ricorso a nome della minore C, nata in Ucraina nel 2019 a seguito della conclusione di un contratto di maternità surrogata altruistica (si veda questa scheda).

Il 16 settembre 2019 la coppia aveva chiesto all’ufficiale di stato civile la trascrizione dell’atto di nascita ucraino. A seguito del rifiuto opposto con decisione del 4 dicembre 2019, i genitori di C avevano promosso ricorso dinanzi al Tribunale, domandando la trascrizione integrale del certificato e, a titolo sussidiario, la trascrizione del solo nome del padre biologico.

La richiesta era stata rigettata il 16 marzo 2020 in quanto, secondo il Tribunale, il superiore interesse della minore non poteva condurre al disconoscimento del principio dell’incompatibilità della gestazione per altri con l’ordine pubblico.

L.B. e E.A.M. avevano dunque formulato appello avverso la decisione chiedendo la trascrizione integrale e, in un atto separato, la trascrizione parziale dell’atto di nascita, con la sola indicazione del padre biologico. Nonostante il parere favorevole del procuratore, l’appello era stato rigettato: per la Corte d’appello la richiesta di trascrizione parziale avrebbe difatti dovuto essere formulata nel quadro dell’appello principale.

La coppia aveva dunque promosso ricorso dinanzi alla Corte europea dei diritti dell’uomo a nome della minore, lamentando una violazione del diritto al rispetto alla sua vita privata e familiare, in ragione dell’impossibilità di stabilire il rapporto di filiazione con il padre biologico e con la madre intenzionale. Il diniego del riconoscimento dello status filiationis, da un lato, e la conseguente apolidia della minore, dall’altro, la ponevano in un grado di incertezza giuridica troppo elevato. In particolare, la minore aveva lamentato la difficoltà riscontrate dai genitori nella sua iscrizione all’asilo nido e a scuola, nonché al servizio sanitario nazionale per la richiesta di un pediatra.

La pronuncia

Secondo la Corte, l’indubbia ingerenza nel diritto della ricorrente al rispetto della sua vita privata era prevista dalla legge, essendo la maternità surrogata vietata in Italia, e perseguiva lo scopo legittimo di assicurare la protezione della salute e dei diritti  delle libertà altrui, ai sensi dell’articolo 8, par. 2, della Convenzione.

Quanto al requisito della necessità in una società democratica, riprendendo la sua giurisprudenza nei casi Mennesson c. France (ricorso n. 65192/11),  D. c. Francia (ricorso n. 11288/18),  D.B. e altro c. Svizzera (ricorso n. 58252/15, sul quale si veda questo post) e nel Parere consultivo reso il 10 aprile 2019 dalla Grande Camera, la Corte ha ricordato che il rispetto della vita privata impone che ciascuno possa stabilire i dettagli della sua identità di essere umano, inclusi quelli relativi alla sua filiazione.

Ha dunque distinto l’impossibilità, per la minore, di vedere riconosciuto il legame di filiazione con il padre biologico, da quello con la madre intenzionale.

Quanto al primo profilo, la Corte ha ribadito che l’art. 8 CEDU esige che il diritto interno offra una possibilità di riconoscere il legame tra un minore nato da maternità surrogata praticata all’estero e padre intenzionale, allorché questo sia anche il padre biologico, e che rientra nella sfera di discrezionalità dei singoli Stati la scelta dei mezzi per assicurare il riconoscimento di tale legame, purché essi siano adeguati e sufficienti ad assicurare il rispetto degli obblighi positivi che discendono dalla Convenzione.

Nel caso in esame, la Corte ha sottolineato che, nonostante il parere positivo delle Procure, il Tribunale non si era pronunciato specificamente sulla domanda sussidiaria di trascrizione parziale dell’atto di nascita, e la Corte d’Appello aveva rigettato la richiesta per una questione di forma. Secondo la Corte, dunque, le autorità nazionali non avevano né adeguatamente bilanciato i diversi interessi in gioco, né considerato  le esigenze di celerità ed efficacia richieste nelle procedure.

Quanto, in particolare, al requisito dell’efficacia, la Corte ha sottolineato che il rigetto dei pareri delle procure non era stato motivato; che il diniego della domanda di trascrizione parziale era esclusivamente espressione di un eccessivo formalismo, non pertinente nel quadro di una procedura avente ad oggetto l’interesse superiore dei un minore; e che non era stato indicato alcun mezzo alternativo per consentire lo stabilimento del legame di filiazione tra la minore e il padre biologico. Quanto all’esigenza di celerità, la Corte ha evidenziato che erano ormai decorsi quattro anni dalla domanda di trascrizione dell’atto di nascita, senza che le autorità giurisdizionali avessero preso alcuna decisione tesa alla protezione del superiore interesse della minore, né fosse stata prospettata alcuna soluzione alternativa.  

La Corte ha dunque concluso per la sussistenza di una violazione degli obblighi positivi di natura procedurale nascenti dall’art. 8 della Convenzione, per quanto concerne lo stabilimento della filiazione tra la minore ricorrente e il padre biologico, non essendo stato il processo decisionale sufficientemente ancorato all’interesse superiore del minore, a favore invece di un eccessivo formalismo, e non avendo le autorità nazionali cooperato con le parti, ad esempio indicando loro soluzioni alternative indipendentemente dalle domande formulate dalle parti stesse.

Quanto, invece, al legame di filiazione tra la minore e la madre intenzionale, la Corte ha ricordato la possibilità per la donna di chiedere l’adozione in casi particolari, sulla base dell’art. 44, lett. d), della legge n. 184 del 1983. Non vi è, dunque, secondo la Corte, un’impossibilità generale e assoluta, per la madre d’intenzione, di vedere giuridicamente riconosciuto il suo legame con la ricorrente e, per questo motivo, il diniego di trascrizione dell’atto di nascita della minore, su questo versante, non ha integrato una violazione dell’art. 8 CEDU.

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