Sottrazione internazionale di minori: il regolamento Bruxelles II bis osta ad una normativa nazionale che consenta la sospensione automatica di una decisione di rimpatrio

by Francesca Maoli

Corte di giustizia UE, sentenza 16 febbraio 2023, causa C‑638/22 PPU, Rzecznik Praw Dziecka and Others – ECLI:EU:C:2023:103

Con la sentenza 16 febbraio 2023 (causa C-638/22), la Corte di giustizia si è pronunciata sulla compatibilità con il regolamento (CE) n. 2201/2003 relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale (c.d. Bruxelles II bis), oltre che con l’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, di una disposizione nazionale che prevede la sospensione ex lege di una decisione di rimpatrio emessa ai sensi della Convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori. La Corte ha stabilito che il diritto dell’Unione europea osta all’applicazione di una disposizione nazionale che consenta, senza un correlato obbligo di motivazione, di ottenere la sospensione di una decisione definitiva che impone il ritorno di un minore.

I fatti

Il procedimento a quo riguardava un caso di sottrazione internazionale di due minori, abitualmente residenti in Irlanda e trattenuti illecitamente in Polonia dalla madre al termine delle vacanze estive. Il padre presentava dinanzi ai giudici polacchi una domanda di rimpatrio dei figli ai sensi dell’art. 12 della Convenzione dell’Aja del 1980 : l’ordine di immediato ritorno, concesso dal Tribunale regionale di Breslavia, veniva confermato dalla Corte d’appello di Varsavia.

A seguito del rifiuto della madre di ottemperare volontariamente alla decisione, al fine di avviare il procedimento di esecuzione forzata, il padre si rivolgeva nuovamente alla Corte d’appello per ottenere l’apposizione della formula esecutiva. Tuttavia, il giorno successivo, il Difensore civico per i diritti dei minori polacco presentava una domanda di sospensione dell’esecuzione della decisione. L’istanza si fondava sull’art. 388 del codice civile polacco (novellato con riforma del 2022), a mente del quale l’esecutività di una decisione di ritorno del minore ai sensi della Convenzione dell’Aja del 1980 è sospesa ex lege per il periodo di due mesi qualora, entro due settimane dalla data in cui il provvedimento è diventato definitivo, ne facciano istanza il Difensore civico o il Procuratore generale. Peraltro, quest’ultimo presentava un’istanza simile pochi giorni dopo.

In tale contesto, la Corte d’Appello di Varsavia decideva di sottoporre alla Corte di giustizia una questione pregiudiziale, ponendo in dubbio la compatibilità della citata disposizione del codice di procedura civile polacco con l’art. 11 del regolamento Bruxelles II bis, nonché con gli articoli 22, 24, 27, par. 6, e 28, par. 1 e 2, del successivo regolamento (UE) n. 2019/1111 (Bruxelles II ter), oltre che con l’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

La pronuncia

Dopo aver stabilito l’applicabilità ratione temporis del regolamento Bruxelles II bis alla controversia principale, la Corte si sofferma sull’interpretazione dell’art. 11, par. 3, a mente del quale le procedure per il ritorno del minore illecitamente sottratto devono svolgersi speditamente ed attraverso l’utilizzo di procedure d’urgenza, dovendosi idealmente concludere, a meno che non ricorrano circostanze eccezionali, entro e non oltre sei settimane.

La Corte osserva che la Convenzione dell’Aja del 1980 e il regolamento Bruxelles II bis (il cui art. 11 completa e precisa la normativa convenzionale) “costituiscono un insieme indivisibile di norme che si applicano alle procedure di ritorno dei minori illecitamente trasferiti all’interno dell’Unione”. La Convenzione persegue l’obiettivo del ritorno immediato del minore interessato nel suo luogo di residenza abituale e impone alle autorità nazionali di procedere con urgenza. Inoltre, il rimpatrio può essere negato solo in presenza di circostanze eccezionali e tassative. Le disposizioni della Convenzione possono incidere sul significato e sulla portata delle norme del regolamento, che è ispirato ai medesimi principi e si fonda sul principio del superiore interesse del minore.

Osserva la Corte che l’art. 11, par. 3 del regolamento riguarda la procedura di adozione di una decisione di rimpatrio, ma la disposizione deve essere interpretata nel senso da ricomprendere anche la successiva fase di esecuzione, al fine di non privarla di ogni effetto utile. Le norme nazionali di diritto sostanziale e processuale, dal canto loro, non possono incidere sull’efficacia del regolamento.

Questa conclusione è corroborata anche da un’interpretazione del regolamento Bruxelles II bis alla luce dei diritti fondamentali del minore: al riguardo, la Corte richiama la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo sull’art. 8 CEDU, che corrisponde all’art. 7 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e protegge il diritto al rispetto della vita privata e familiare. In particolare, la Corte EDU ha stabilito che le procedure di rimpatrio ai sensi della Convenzione dell’Aja del 1980 sono adeguate nella misura in cui esse si siano svolte con rapidità.

Passando ad esaminare la disposizione di diritto processuale polacca oggetto del rinvio pregiudiziale, la Corte osserva che questa possa compromettere l’effetto utile del regolamento Bruxelles II bis. In primo luogo, la norma prevede una iniziale sospensione dell’esecuzione del provvedimento di rimpatrio per un periodo iniziale di due mesi: questo termine, di per sé, eccede già il periodo di sei settimane previsto dall’art. 11, par. 3, del regolamento Bruxelles II bis. Inoltre, dato che le autorità abilitate a richiedere la sospensione non sono tenute a motivare la loro richiesta e che l’esercizio di tale potere non è soggetto ad alcun controllo giurisdizionale, la normativa in questione non garantisce che il ritorno del minore nel suo luogo di residenza abituale non possa essere sospeso se non in casi specifici ed eccezionali, debitamente giustificati. La disposizione nazionale risulta altresì in contrasto con l’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali, in quanto “il diritto ad un ricorso effettivo sarebbe illusorio se l’ordinamento giuridico di uno Stato membro consentisse che una decisione giudiziaria definitiva e obbligatoria resti inoperante a danno di una parte” (par. 84 della sentenza, che richiama alcuni precedenti).

Opportuno ricordare, come già segnalato su questo Blog, che il 26 gennaio 2023, la Commissione europea ha avviato un procedura di infrazione contro la Polonia per il mancato adempimento degli obblighi previsti dal Regolamento Bruxelles II bis, per il sistematico e persistente fallimento delle autorità polacche ad eseguire in modo rapido ed efficace le sentenze che ordinano il ritorno dei minori rapiti in altri Stati membri dell’UE.

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